AL DI LA’ DAI MURI AL TEATRO OUT OFF DI MILANO..MEMORANDUM
Da giovedì 14 novembre a domenica 8 dicembre il Farneto Teatro, presenta la Trilogia dell’Est Europa. 30 anni dopo un progetto di Maurizio Schmidt ed Elisabetta Vergani nell’ambito di AL DI LA’ DEI MURI di Teatro Out Off in collaborazione con il patrocinio del Centro Culturale Ceco e del Goethe Institut. Mi ripeto…
Ad esattamente trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino Farneto Teatro riporta in scena al Teatro Out Off di Milano, la fortunata quanto inconsueta Trilogia dell’Est Europa – progetto di testi scritti al di là del muro e prima della sua caduta che andò in scena nelle stagioni 1990/91 e ‘91/92 proprio all’Out Off, all’epoca nella sala in Via Duprè e che determinò la nascita a Milano di un nuovo gruppo teatrale, Farneto Teatro, fondato da Maurizio Schimdt e Elisabetta Vergani.
Da giovedì 14 novembre a domenica 8 dicembre, tornano così a Milano tre autori a differente titolo “dissidenti” e portatori di quelle energie che avrebbero portato alla dissoluzione del blocco sovietico: il liberale cecoslovacco Václav Havel – che sarebbe divenuto il presidente della repubblica del suo paese liberato – con Memorandum, commedia acida di teatro dell’assurdo, e i post-comunisti est berlinesi che da quei cambiamenti sarebbero stati travolti Heiner Müller con L’Orazio, apologo corale nel canone del dramma didattico brechtiano e Christa Wolf con Cassandra, fortunato romanzo storico divenuto un cult-book per tutti i movimenti di riscatto femminile.
Forme di dissidenza molto diverse – dall’esterno e dall’interno del sistema comunista – ma testi legati dalla medesima sete di critica e di verità, di opposizione contro le false alternative ideologiche (Christa Wolf), contro la disumanità dei linguaggi e delle relazioni artificiali (Václav Havel), contro il pensiero unico privo di dialettica (Heiner Müller).
Ma soprattutto tre testi molto belli, tre gioielli derivanti da generi diversissimi che Teatro Out Off e Farneto Teatro hanno deciso, in occasione del trentennale dalla Caduta del Muro di Berlino, di rimettere in scena, come atto consapevole e ponderato senza nostalgia o autocelebrazione. Infatti, se nel 1989 decollava il sogno di un mondo globalizzato e senza più muri, trenta anni dopo eccoci cittadini di un mondo globale percorso da mille desideri di nuovi muri.
Si parte dunque giovedì 14 novembre con la prima nazionale di Memorandum, commedia divertente e surreale, una vera e propria orgia verbale appartenente per ammissione del proprio autore al Teatro dell’Assurdo, carica di ascendenze ad Hajek e Kafka.
Il lavoro in scena fino a domenica 24 (e inserito in Invito a Teatro) è stato completamente riallestito. Intorno a Elisabetta Vergani, unica ad aver recitato anche nella prima edizione, un nuovo cast formato da Sebastiano Bronzato, Ludovico Fededegni, Lorenzo Frediani, Luca Mammoli, Valentino Mannias, Silvia Valsesia, Stesse musiche di Ramberto Ciammarughi e scene e costumi di Silvia Tramparulo in collaborazione con Cristina Colombo. Il 14 novembre, alle ore 19.30 il Console Generale della Repubblica Ceca Jiri Kudela porterà un saluto in occasione del debutto dello spettacolo. Il 15 novembre alle ore 18 Laura Boella, filosofa, accademica e traduttrice dialogherà con il giornalista e scrittore Gabriele Nissim, presidente di Gariwo – La foresta dei Giusti. Il 17 novembre alle 18 Stefano Bruno Galli, già assessore all’Autonomia e Cultura della Regione Lombardia, presenta il suo libro “Vàclav Havel: Una rivoluzione esistenziale” edizione La nave di Teseo mentre il 21 novembre alle 18 Piero S. Graglia, Professore di Storia dell’integrazione europea e Storia della relazioni internazionali all’Università degli Studi di Milano presenterà il suo libro “Il muro- Berlino e gli altri- ed. People
Si continua da martedì 26 novembre a domenica 8 dicembre con Verso Cassandra con Elisabetta Vergani e Danila Massimi (percussioni e canto dal vivo), struggente indagine femminile su quell’errore dell’intelligenza costretta da false alternative da cui nasce ogni guerra e sulla irresponsabilità del non voler “vedere” quell’errore. Perché, grida la Cassandra di Christa Wolf, “si sa sempre quando comincia la guerra, mai quando comincia la vigilia della guerra”. Il 26 novembre, alle ore 20.45 Anna Chiarloni, germanista e Prof. Em. Università degli Studi di Torino introdurrà lo spettacolo, mentre il 27 novembre sarà Federico Meda, autore del libro “Il muro di Berlino: Istruzioni per l’uso” edizioni Ediciclo, ad introdurre la replica.
La chiusura della Trilogia è affidata martedì 3 e mercoledì 4 dicembre a Heiner Müller con L’Orazio, apologo, ambientato in un’antica Roma del pensiero e narrato da un’entità morale indeterminata che parte da un fatto contraddittorio (l’omicidio in nome di Roma di Curiazio, promesso sposo della sorella di un Orazio). A metterlo in scena sarà Maurizio Schmidt con Ramberto Ciammarughi al pianoforte. Un dramma didattico anti ideologico (fa parte del trittico con con Filottete e Mauser) teso a riconoscere che la verità è sempre impura, ma da dirsi con parole pure, spericolata parabola contro l’adulterazione del linguaggio (riferibile altrettanto bene alla censura dell’Est come ai mass media dell’Ovest). Introdurranno il debutto del 3 dicembre Marco Castellari, docente di letteratura tedesca all’Università degli Studi di Milano e Sotero Fornaro, docente di letteratura greca all’Università di Sassari.
Il nostro progetto nel 1990 era mosso dal desiderio di conoscenza di cosa fosse successo in quella metà di mondo così differente; volevamo conoscere quale ricca cultura avesse lottato contro il regime totalitario al di là del muro, utilizzando la finzione teatrale per dire la verità. Si andava alla ricerca di un teatro di resistenza civile, di senso più che di forma. Alla ricerca di una cultura della verità celata tra le righe, tipica di quel mondo perduto.
Nel ripresentare quel progetto nel 2019, è forte l’impressione che le voci di Václav Havel, Heiner Müller e Christa Wolf abbiano una potenza oppositiva e critica contro tutte le distorsioni di qualunque potere e società, che l’umanesimo integrale e l’idea di una terza via per sottrarsi alle false alternative siano voci necessarie anche al mondo di oggi.
“Mai una cosa contro l’uomo fatta in nome dell’Uomo!” Così riassumeva il proprio umanesimo Havel, lavorando per un mondo in cui il verduraio avrebbe contato più del presidente. E le metafore classiche di Heiner Müller e Christa Wolf (L’Orazio e Cassandra) raccontano la collisione della piccola storia di due individui col meccanismo della grande Storia che chiede loro di essere eroi.
Dall’altra parte di quel muro che non c’è più, arriva l’appello ad occuparsi dei concreti bisogni delle persone, non delle costruzioni teoriche e astratte (siano esse economiche, politiche, esistenziali) fatte in nome loro. A questa tensione anti ideologica, si unisce però un forte e intelligente richiamo ad una cultura che abbia onestà intellettuale e un linguaggio che non cada nella trappola dell’ambivalenza. “Le parole devono rimanere pure essendo loro che rendono le cose conoscibili e inconoscibili.” (Heiner Müller, “L’Orazio”)
È un appello accorato perché nato dall’interno di un grande errore e di un grande dolore; ma non si riferisce solo agli errori del passato, ma anche a quelli del presente e del futuro.
Farneto Teatro
“Non dimenticarlo mai, la prima piccolissima bugia detta in nome della verità, la prima minuscola ingiustizia commessa nell’interesse della giustizia, il primo inavvertibile tradimento della morale commesso in nome della moralità delle cose… significano inequivocabilmente l’inizio della fine”
Václav Havel da “Lettere ad Olga”
dal 14 al 24 novembre – Prima nazionale
MEMORANDUM
di Václav Havel
traduzione di Gian Lorenzo Pacini
con Sebastiano Bronzato, Ludovico Fededegni, Lorenzo Frediani, Luca Mammoli,
Valentino Mannias, Silvia Valsesia, Elisabetta Vergani
musiche registrate Ramberto Ciammarughi
scene Silvia Tramparulo in collaborazione con Cristina Colombo
allestimento scenico Federico Fedostiani – luci Luigi Chiaromonte
spettacolo inserito nell’abbonamento Invito a Teatro
L’alfabeto della società moderna
A! B! C! D! E!
F! G! H! I! J!
K! L! M! N! O!
P! Q! R! S! T!
U! V! X! Y! Z!
L’alfabeto dell’uomo moderno
A? B? C? D? E?
F? G? H? I? J?
K? L? M? N? O?
P? Q? R? S? T?
U? V? X? Y? Z?
All’interno di un imprecisato ministero di un imprecisato luogo, imprecisati burocrati hanno ricattato il direttore per introdurre un linguaggio artificiale e farla finita una volta per tutta con l’uomo rendendo definitivamente freddi e precisi i rapporti burocratici. La nuova lingua è di una complicatezza incredibile, tutti dovrebbero impararla ma al momento in cui inizia la vicenda nessuno vi è ancora riuscito. Così tutte le pratiche necessitano di una traduzione temporanea nel linguaggio naturale, la quale però viene prodotta solo dietro permesso scritto nel linguaggio artificiale, che ovviamente nessuno comprende se non dietro traduzione nel linguaggio naturale, la quale però viene prodotta solo dietro permesso scritto nel linguaggio artificiale….
Tutto il funzionamento dell’ufficio entra in circolo vizioso.
In questa situazione al direttore arriva un Memorandum, misterioso perché intraducibile. E accetterà ogni compromesso, fino alla propria distruzione, pur di conoscerne il paradossale contenuto.
Memorandum è una commedia divertente e surreale, una vera e propria orgia verbale appartenente per ammissione del proprio autore al Teatro dell’Assurdo. Carica di ascendenze ad Hajek e Kafka, la parola di Havel descrive le strutture dell’angoscia e vi gioca con una personalissima geometria. Crea una equazione matematica, simmetrica e circolare, che mostra la banalizzazione del linguaggio per mostrare altro: il totalitarismo ed i suoi effetti sui rapporti umani, la divinizzazione del progresso, la disumanizzazione, la disgregazione delle speranze, la paura e il senso di colpa. È una parola comica e scintillante: pur critica e sarcastica, non è affatto cinica, senza speranza e vi è già diffuso il sentimento della futura “rivoluzione di velluto”.
È soprattutto una parola popolare pur essendo quella di un intellettuale. A Praga per dire che qualcosa era incomprensibile si diceva che era “ptydepe”, il nome del linguaggio artificiale inventato nel 1965 dall’allora elettricista teatrale Vàclav Havel. Colpisce ancora oggi noi occidentali – cittadini della perfetta inutilità del teatro – che questo teatro sia stato così forte da diventare un collante nazionale capace di scardinare un regime. Che abbia abbattuto così tanto la distanza con gli spettatori da essere frequentato da una larga maggioranza della popolazione, come una sorta di sotterraneo parlamento in cui si è sviluppata la rivolta.
Proprio come nell’antico teatro greco era un teatro che postulava non la ricerca di una estetica, ma di un pensiero nuovo. E che poi formò Obcanske Forum