ADDIO A GIULIA MARIA CRESPI FONDATRICE DEL FAI E PATRONESSA DEL CORRIERE DELLA SERA…CHIAMATA LA ZARINA DI VIA SOLFERINO
La Zarina del Corriere della Sera verrà ricelebrata per le sue opere portate avanti in nome del FAI, nella tenuta di suo proprietà alla residenza Orsini di Bereguardo (Pavia). Mancherà molta celebrità. Nonché la noblesse internazionale. Il portone di Corso Venezia 20 a Milano, si è chiuso e nel suo venire sbarrato è insita la scomparsa di una protagonista del ‘900. In quel bel Paese, Giulia Maria Crespi ha regnato per oltre 70 anni (e’ scomparsa a 97 anni). Era una piccola Versailles con appesi alle pareti i quadri di Canaletto, le nature morte di Morandi e il meglio dell’arte del XX secolo. Le sue collezioni erano invidiate da tutti i musei del mondo, dall’arte gotica, al Cinquecento fino al Secolo dei Lumi…e poi tanta bella pittura come Rosai e Balla.
Il filo rosso ha raccontato la vita di una “bambina irruente, libera e allegra”. Lei stessa ha ammesso di recente: “Ho commesso un sacco di sbagli e ho molti difetti, ma ho sempre cercato la verità. Nel nostro Paese quasi tutti hanno paura della verità ma c’è la necessità di raccontare i fatti come sono avvenuti. I valori morali mutano, i costumi cambiano, i fatti restano”. Fra gli sbagli di cui poi si dichiarò pentita ci fu l’aver licenziato Giovanni Spadolini e l’aver affidato la direzione del Corriere a Pietro Ottone nel 1972, svolta culturale e politica per il quotidiano di via Solferino, che segnerà poi l’uscita di Indro Montanelli, la successiva fondazione de Il Giornale e la successiva uscita della stessa Crespi dal Corriere della Sera nel 1974, ceduto prima a Gianni Agnelli e ad Angelo Moratti e poi ad Andrea e Angelo Rizzoli.
Quell’uscita per lei così dolorosa da un mondo che amava, fu però l’occasione di un nuovo scopo nella sua vita. Nel 1975 creò il FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano e per oltre 40 anni si dedico alla salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente, del patrimonio culturale dell’Italia. Come ha scritto l’attuale presidente del Fai, Andrea Carantini ,”Porto’ avanti con una creatività inesauribile una singolare unità di ideali e concretezza e una riluttanza per i compromessi “. Due mesi fa, l’improvvisa scomparsa del figlio Aldo in auto, le tolse le forze e in poco tempo, come racconta l’altro figlio Luca, “Lo spirito in poco tempo ha spento il corpo. La mamma si è chiusa in se stessa anche se fino all’ultimo, sempre piu’ sotto voce, ha continuato a distribuire i suoi saperi e le sue energie vitali in modo che nulla andasse perduto.
Tra le dimore e i luoghi, faticosamente salvati dall’incuria, bisogna ricordare il Castello di Avio, donato dalla nipote di Toscanini Emanuela Castelbarco; il Monastero di Torba (Varese) acquistato da lei; il Promontorio e torre di Punta Pagana a S. Michele di Pagana, frazione di Rapallo, donato dalla Famiglia De Grossi; il Borgo di San Fruttuoso con l’Abbazia Benedettina del XII° secolo e 32 ettari di macchia mediterranea donato dalla famiglia Doria Panfili. E poi ancora il Castello della Manta, la Villa Porta Bozzolo e la Torre di Velate…per citarne solo alcune. Anche la nota stilista Biki era nipote di Toscanini, vestiva prima D’Annunzio e poi la Callas ma i rapporti sembravano in apparenza un po’ ruvidi. La stessa cosa con l’altra Crespi la Anna Mozzoni…si vede che tra il sangue blu scorrevano parecchie idiosincrasie.
Nella varietà dei suoi interessi entra anche la Fondazione Panza di Biumo, il Giardino Pantesco sull’Isola di Pantelleria, Villa Necchi Campiglio nel cuore di Milano progettata da Portaluppi e vissuta dalle sorelle Necchi.
I funerali si sono svolti oggi alle 9 nella Chiesa di San Marco, ma la famiglia ha deciso di organizzare in seguito un saluto e un omaggio nell’azienda agricola delle Cascine Orsine di Bereguardo vicino a Pavia. Attendiamo la data e ne riparleremo. Certo che il coté internazionale questo anno mancherà a ricordare la sua impresa.
Ricordo la sua gentilezza, solitamente ora brusca e poco incline al sorriso. Lo riservava per pochi. Ad alcune cene in casa sua a Milano…mi volle spesso vicina al tavolo da pranzo dove sedeva lei con Tronchetti Provera o altri nomi illustri, snobbando molti giornalisti che della sua arte capivano ben poco, spesso avevano la tendenza di vantarsi se riuscivano a venire a “Corte”, assessori inclusi. Ammiro’ molto la mia mostra in 8mila metri quadrati allaTriennale, frutto di una mia tesi di anni antecedenti, che divenne anche un bel catalogo edito da Electa. Mi chiedeva come avevo fatto a fare restaurare plastici antichi del Duomo o del Castello…la stessa cosa la fece anche quando mi prodigai per afre restaurare la Pusterla Dei Fabbri accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio o il suo “Catino” sopra all’altare , sotto la cupola dell’abside dalla Carige di Genova.