HENRY CARTIER BRESSON. LES GRAND JEU A PALAZZO GRASSI A VENEZIA

Non si era mai vista una mostra di un grande autore curata come allestimento a piu’ mani…Wim Wenders, Sylvie Aubenas, Javier Cercas, Annie Leibovitz e Francois Pinault, collezionista e titolare di due musei di Arte Contemporanea privati. Ca’ Pesaro, è dei Civici Musei di Venezia e ospita opere da incanto. Stiamo parlando di una esposizione fotografica di Henry Cartier Bresson, con un numero di fotogrammi 385 che fanno parte della Master Collection, selezionate dalla Fondazione Cartier, le foto piu’ significative a detta della stesso artista.

Questa selezione viene definita dagli intimi di Bresson, “Les Grand Jeu” e intorno a questo Grande gioco, i cinque commissari hanno fatto le loro scelte di esposizione dando un titolo esplicativo delle loro freferenze. Pinaut ordina il suo percorso intorno al titolo..il filo del tempo, banale e fantistico.. Annie Leibowiztz scegie come titolo –vedere le opere di Cartier Bresson..Cavier Cercas parla di l’imminenza di una rivelazione. Wim Wenders sceglie..Occhio per occhio (in senso nuovo, non nel nel vecchio significato di..vendetta”), Sylvie Aubenas, preferisce linee di vita ..linee di fuga.

Questi titoli rispecchiano anche i percorsi culturali dei singoli curatori. Pinult è un collezionista d’arte dopo essere stato un grande industriale, Leibowitz è una fotografa di fama internazioanle, Cervas è un professore di letteratura spagnola, nonchè un romanziere e un saggista di talento; Wenders, è un regista cinematografico le cui opere sono un concentrato di critica e cinefilia, Aubenas ha trascorso la maggior parte della sua carriera nella Biblioteca Nazionale di Francia, nonchè autrice di libri fotografici e di numerose mostre.

Nella ormai non piu’ spendida cornice di Palazzo Grassi sul Canal Grande, un tempo ricco di affreschi, portali e seminati alla veneziane, ne sono rimasti sulla scalinata d’ingresso dei Tiepolo, dopo la ristrutturazione museale dell’architetto Gae Aulenti, una profanazione che rimane inconcepibile, di svolge nel luogo piu’ asettico del mondo questa esposizione.

I cinque curatori hanno potuto scegliere una 50ina di immagini all’interno della Master Collection: nessuno di essi è stato messo al corrente delle scelte dell’altro e ciascuno ha deciso liberamente scenografia e colori delle pareti e cornici. Una sorta mi mini mostra a sè, indipendente dalle altre.

Ma il vero protagonista resta ovviamente Cartier Bresson. Nato a Chanteloup nel 1908 e morto nel 2004 a Miontjustin lontano dalla sua Parigi, Bresson subì nella sua adolescenza il profondo fscino della pittura. Avete capito bene. Solo 25enne, nel 1932, dopo un anno in Costa d’Avorio scoprì la Leica, una macchina fotografica che dava una inquadratuta fissa e quindi in fotogramma rimaneva quello dello scatto senza alterazioni di sorta. Parliamo di una scatoletta ideata in Germania dall’ industriale ottico  Ernest Leitz e perfezionata nel 1953 (la M3) da Oskar Barmak, usata da tutti i grandi fotografi come Robert Frank fino a Berengo Gardin e Gabriele Basilico. Nel 1933 una galleria americana già organizza a Bresson la sua prima mostra, ma quelli sono ancora anni in cui Bresson professionalente è piu’ attratto dal cinema: collabora con Jean Renoir e dirige 3 docuementari sulla guerra civile in Spagna.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, arruolato nell’esercito francese viene subito fatto prigioniero. Riuscirà a evadere solo nel 1943 e al suo terzo tentativo. Nel ’44 realizza uan serie di ritratti di artisti per le edizioni Braun e l’anno dopo gira “Il ritorno”, un documentario sul rimpatrio dei prigionieri di guerra e dei deportati.

Il 1947 è un po’ l’anno della svolta: il Moma di New York gli dedica una mostra e lui fonda l’Agenzia Magnum Photo: suo compagni nell’impresa sono Robert Capa, David Seymour, George Rodger e Willian Vandivert. Per i successivi 3 anni viaggerà in Oriente. Rientrato in Europa è del 1952 la pubblicazione del suo primo libro, “Images à la Sauvette”. Nel 1954 è il primo fotografo ammesso in Russia dopo l’inizio della Guerra fredda. Per i 20 anni successivi è in giro per il mondo finchè nel 1974, decide di ridurre l’attivita del disegno. Nel 2000 decide di creare con la moglie Martina Franke e la figlia Melanie, la Fondazione Hanry Cartier Bression destinata alla conseravazione della sua opera.


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