L'AVARO DI MOLIERE AL TEATRO CARCANO DI MILANO PONE NUOVI QUESITI.ARPAGONE SFIDA I GIOVANI…
La scena di Dario Gessati accoglie Arturo Cirillo al Teatro Carcano con gusto espressionista, lunghi corridoi e cornici dove il protagonista Arpagone esercita tutto il suo potere cinico e infernale, abbruttito da lunghi capelli imbiancati che cadono come ortiche sul suo mantello nero: controlla, spia, origlia e complotta mentre non manca mai di guardare dentro la cassetta dei suoi tesori. Soldi, soldi e piu’ ancora soldi. Questa sembra essere la vera ragione e forse l’unica di vita; un tema molto attuale, dove si sono persi tutti i valori in nome della ricchezza. Giovani che rinfacciano a madri o padri che vogliono di più, che si sentono in diritto di godere anche ciò che non hanno costruito con le loro mani. In questa trasposizione del regista Cirillo (ha un doppio ruolo), l’avaro appare non un vecchio rimbambito dal vizio del denaro ma quasi un personaggio mitico, che per insufficienza emotiva fa dell’avarizia una malattia, <..il denaro un feticcio non per vivere meglio, ma un modo pedagogico da vivere da recluso. Si nutre delle ossessioni d cui è prigioniero sottraendo vita a tutti gli altri..>. Per i figli (Monica Piseddu e Michelangelo Dalisi) è un padre onnivoro che li divora perché invidia la loro giovinezza. Ma anche i figli non vengono più visti come vittime come li descriveva Molière anche se a ben guardare le regole della commedia hanno sempre un doppio senso; figli che pensano di essere furbi fanno i servitori senza accorgersi di essere attirati dentro ad una trappola e davanti al ricatto che la spirale delle azioni e della psicologia perversa dei protagonisti, alla fine <vince> Arpagone preferendo la sua cassetta di ricchezza ai figli. Vorrà dire che spetterà ad altri dimostrare se sono in grado di essere più bravi di lui, più abili o addirittura migliori. Non c’è lo scontro tra il bene e il male. Il protagonista vede tutto e comprende tutto. In questa piece non vi è una visione ideologica, <tutti siamo corrotti dall’Avaro>, i difetti, i vizi e qualche virtù combinatoria riguarda tutti noi molto da vicino. C’è da dire che con questa regia il grande drammaturgo francese è stato <virato in nero>. Il tiranno sacrifica la famiglia al denaro, ma il quesito è: <Ma i gigli liberati dal padre sapranno essere migliori di lui?>.