VIAGGIO IN COSTA AZZURRA DA CANNES PASSANDO PER GRASSE E SAINT PAUL DE VENCE…CAP FERRAT PER ARRIVARE ROQUE BRUNE DAVANTI ALLE MERAVIGLIE DI EILEEN GRAY, LE CORBUSIER E BADOVIC
Un’estate all’insegna del caldo e del tutto esaurito tra alberghi e ristoranti persino in Costa Azzurra e nei pressi del Massiccio de Le Louberon con tanto di prezzi aumentati del 71 per cento. Avevo prenotato il mio solito albergo una magnifica villa ad archi bianca con busti in bronzo, la bella piscina…li ci andavo da anni e mi preparavo a scrivere qualche pezzo prima di raggiungere Cannes per il Festival del Cinema. L’albergo è a un km dal centro della bella cittadina medioevale di Saint Paule de Vence, crocevia da sempre di celebrità, da Picasso a Calder, da Chagall che riposa nel cimitero accanto alla tomba dei fondatori della Fondazione Maeght costruita dall’architetto spagnolo Serte. Qui si trovano capolavori di Giacometti, Moore, Miro’, Calder,…ma la meraviglia sono le vetrate della piccola Cappella di Matisse. A lui verrà dedicata la prossima mostra.
Che bello la sera all’imbrunire con ancora il sole che deve tramontare aggirarsi tra le vie del piccolo paese ricco di Gallerie d’arte, case stupende (una volta stavo comprando un appartamento dentro una torre..ma la cosa è stata ardua), mangiare sotto i tigli con luci tenute da fili affacciati sulla valle e sulla bella piazza dove si gioca a bocce e dove si trova li accanto Fragonard, il Caffe’ de la Place e il noto ristorante La Colombe d’Or, ritrovo di personaggi illustri, molti scomparsi ma dei quali la memoria è viva piu’ che mai, grazie anche ai quadri di grandi artisti come Armand, Braque, Miro’, Bonnard, Lèger (di cui in giardino sulle mura possiamo vedere un capolavoro di grandi dimensioni inestimabile, Picasso e tanti altri pittori e scultori. I proprietari e fondatori del Ristorante e dell’albergo erano i signori Roux che strinsero rapporti piu’ che cordiali, Paul lo vediamo in una bella foto posta all’ingresso, Chissà cosa pensava quando vedere entrare Brigitte Bardot, Roger Vadim, Paul Sartre, Simon de Bouvoir …ma anche registi, letterati. Paul Rouox l’aveva aperto nel 1920 come caffetteria con terrazza, si chiamava “Chez Robinson”. I primi clienti erano gli abitanti di Saint Paul de Vence. Questo contadino imprenditore al ritorno della Prima Guerra mondiale con la moglie Titti, insistette ad aprire anche una locanda con camere per ricevere i primi ospiti che venivano dall’estero con Scott Fitgerald, Ernest Hemingway e altre personalità della vicina Antibes. Con la Repubblica di Vichy l’albergo e caffetteria divenne il rifugio di tanti tra i quali , Leger, Braque , Chagall, Renoir che presero casa li iniziando a fare le loro creazioni e le lasciarono nel tempo in segno di riconoscenza appesi alle pareti del grande ristorante interno. In questo piccolo, relativamente, ma importante museo, ancora oggi li possiamo ammirare. In seguito i proprietari sempre della famiglia Roux, Francois e Daniel, accolsero il regista Francois Truffaut, nel 1959, vi è anche una foto scattata all’attore e chansonier Yves Montand che salta nella Piscina di fronte ad un mosaico di Braque e di Chagall durante i primi anni ’80. All’ingresso una targa su pietra recita in francese…”Qui verrete a piedi, a cavallo o con i vostri dipinti”. Sono tre le generazioni dei Ruox che si sono succedute. Ci sono 13 camere e 12 appartamenti stile provenzale. L’aperitivo si prende dentro accanto a una grotta con una scultuta di un uovo di colomba tutto d’oro. Remi Pesce è ancora oggi l’artista amico di Paul Ruox, Manfredo Borsi e Cesar. Il cavallko Lucky posto vicino all’ingresso del paese medioevale su una terrazza a fianco del bel ristorante Le Tuilles, è una sua creazione. Il cavallo è un simbolo di porta fortuna, in ferro lavorato alto quasi un cavallo vero. Chi non ha in casa le staffe di un cavallo in ferro battuto?! Jean Paul Belmondo sedeva accanto al romanziere americano James Baldwin, siamo nei primi anni Cinquanta e Picasso faceva bozzetti di tutti a non finire. Cesar Baldaccini saluta gli ospiti sul portone in legno dell’ingresso ove ora è posta una scultura in marmo, un rito durato anni e un onore per gli ospiti. Sopra il portale del bell’edificio cinquecentesco in pietra sventola un disegno di una colomba d’oro dalle ali spiegate il cui colore si staglia nel cielo blu. Alcune frasche di un albero spesso la coprono. Alla Colombe sono tutti gentili, in particolare il signor Fabio, un italiano dalla lunga esperienza manageriale nella ristorazione.
Scendendo verso Cagne sur Mare troviamo noscosto in un grande bosco il regno di Renoir, l’autore del famoso quadro “Les Moilin de la Gallette” e delle “Bagnanti”. Qui l’artista visse molto gli ultimi anni della sua vita..Nella grande casa mobili, la sedia a rotelle per dipingere, statue, quadri, e documenti nonche fotografie. nel parco un centro studi e due atelier dove il pittore amava spostarsi per dipingere le ragazze al bagno tra piccoli laghi, piante, fiori e aquitrini. Il figlio di Renoir era il noto regista Jean Renor. Autore della della grande illusione”, ” Le regole del gioco” ecc…anticipatore della Nouvelle Vague, faceva del cinema verista. A Cap Ferrat è bello fare il bagno nella grande spiaggia vicino a l’Hotel Brize Marin…una spiaggia meravigliosa riparata sul capo a sud della penisola con tanto di ristorante di pesce solo la sera ambientato con gusto senza rovinare la baia. poco piu’ in là, dopo il mitico Cafè del Porto, e dopo la grande spiaggia lungo il sentiero che porta all’Hotel Riviera, dove ho cresciuto i miei figli, troviamo la bella villa con darsena di di David Niven…ma non potendo immergersi proprio li, allora lungo il bel sentiero alberato si trovano altre spiaggette e darsene, una presa in gestione da un hotel che comunica con il Riviera…una delizia fare il bagno in quel punto di mare.
Passiamo a un altro punto saltando alcune tappe del viaggio e arriviamo a Roque Brune-Cap San Martin, paradiso del progettista e pittore nonchè design che fondò l’architettura Moderna. Come Cèzanne in pittura… Qui troviamo degli edifici realizzati da Le Corbusier e le Cabanon, dove soleva passare le facenze messier Janneret (il suo vero nome)…con nuotate faraoniche che l’ultima gli costo la vita per un arresto cardiaco. Nonostante l alta temparatura di questa estate, la grande spiaggia di sassi specie vicino alla rocca da cui scendeva Le Corbusier per nuovare , era ghiacciata e tutta l’area piena di correnti. Forse fu vittima di una di queste. Le Modulor che vidi dal vero esposto all’aperto è in restauro per ora hanno pensato di restaurare sola la bella villa sottostante E1027. Qui troviamo ancora opere murali molte andate perdute e quadri grandissimi dell’artista di origine svizzera ma naturalizzato francese. Sul Franco Svizzero compare il suo volto. Anche Giacometti era svizzero nato a Bregaglia nel 1901 e morto nel 1966 e morto a Coira nel 1966, parlava italiano…tutti lo considerano italiano. Di fatti la sua vita la consumo’ tra l’Italia e l’Europa intera. Una mostra dedicata ai questi 3 grandi ricorda anche il titolare e il finanziatore del piccolo ristorante voluto da Le Corbusier accante alle piccole Unità di abitazione, recentemente trasformate in laboratori artistici in via di restauro. Il nome era Le Etoile de Mere. Ora vediamo con attenzione la villa sottostante , E11027 e la storia della Ray legata a Le Corbusier e all’architetto rumeno Badovic.
All’inizio della vita di Eileen Gray c’è un quadro. Lo ha dipinto Wyndham Lewis, si intitola Portrait of a Lady with a French Poodle e la ritrae seduta con in grembo un cagnolino, il biondo dei capelli, lo sguardo assorto. Come Eileen, Wyndham è stato un allievo della Slade, la scuola d’arte per eccellenza di Londra, e poi, entrambi ventenni, si sono ritrovati a Parigi, dove lei frequenta l’Académie Julien e lui la scorta allo Chat Blanc in rue d’Odessa o al Cafè de Versailles, quando non è impegnato a frequentare modelle e sartine…Quel ritratto Eileen lo conserverà sino alla sua morte.
Alla fine della vita di Eileen Gray c’è un articolo di Bruce Chatwin. Sono gli anni Sessanta, lei ha ormai superato i novanta, lui scrive per il Sunday Times. Nella casa parigina di rue Bonaparte attaccata al muro c’è una carta geografica della Patagonia, che Eileen ha colorato à la gouache. “Ho sempre sognato di andarci” dice l‘anziana signora al giovane giornalista che ancora non sa cosa farà da grande. “Anch’io” è la risposta. “Allez-y pour moi è la replica finale. In Patagonia è il libro che segnerà la nascita del Chatwin scrittore e viaggiatore.
Nel mezzo della vita di Eileen Gray ci sono una casa e un architetto. La prima si chiama E1027, sorge sulla baia rocciosa di Roquebrune, è la “casa modernista” per eccellenza ed è una realizzazione ancora più eclatante se si pensa che, sino ad allora, Eileen ha disegnato mobili, tappeti, oggetti, ma non si è mai cimentata con la costruzione di un’abitazione.
L’architetto si chiama Le Corbusier, un nome che incarna una professione e un’epoca, gli anni fra le due guerre in cui le “machines à habiter”, il funzionalismo, i pilotis, i tubolari e il cemento armato vanno all’assalto del déco e delle dimore borghesi, dei mobili in stile, dell’arredamento tradizionale. In quell’angolo di Francia, e proprio a ridosso della E1027, ovvero della “casa bianca”, come la chiama la gente del posto, le Corbusier costruisce cinque Unités de Camping, un ristorantino, L’Etoile de mer, e poi Le cabanon, il suo rifugio marino per eccellenza. E1027 attira però la sua fantasia e il suo ingegno artistico. Vi soggiorna spesso, grazie alla sua amicizia con il proprietario della casa, un altro architetto, questa volta romeno, Jean Badovici, che è anche compagno di vita della più anziana Eileen, e che nella sua triplice veste di architetto-amante-proprietario ha spinto quest’ultima a cimentarsi nell’impresa. “Le Corbu” non si accontenta però di risiedervi per lunghi periodi. Ne affresca alcune pareti con disegni astratti di sua invenzione, inserisce insomma il colore nel bianco e nel blu della creazione di Eileen. E quest’ultima non glielo perdonerà mai…
Adesso quella baia di Roquebrune è stata ribattezzata Cap moderne, i francesi hanno fatto di quella casa un monumento nazionale e la “modernité à bord de mer”, la modernità in riva al mare, è aperta al pubblico per le visite, insieme con le altre creazioni di Le Corbusier a farle da corona. Lo spettacolo è strepitoso e il talento di Eileen Gray si prende la sua rivincita anche rispetto ai dipinti murali che “Le Corbu” impose d’arbitrio, nel senso che nel gioco delle luci e dei colori ad averci visto giusto era stata lei. Per quanto geniale, quella di Le Corbusier resta la testimonianza di un’intrusione non sempre felice.
Una fotografia di Eileen scattata nel 1926 da Beatrice Abbot fa capire come nella Parigi fra le due guerre la Gray fosse un personaggio già famoso. La Abbot, insieme con Man Ray, era, stando alla testimonianza di Sylvia Beach, la celebre libraia della Shakespeare and Company, la fotografa ufficiale della Parigi colta e avant-garde, da Gide a Cocteau, da Joyce a Marie Laurencin…La Grey aveva ideato le poltrone Bibendum, Dragon, Transat, il tavolo Lotus, il canapè Pirogue, la lampada Tube, una bellissima serie di separé in lacca, aveva una sua galleria in Faubourg Saint-Honoré, era più che un’amica della cantante Damia, un nome che all’epoca era il simbolo stesso della canzone d’amore, come più tardi lo sarà la Piaf. Fra i suoi clienti, che erano poi suoi amici, c’erano collezionisti come Doucet, sarti come Poiret (più tardi ci sarà Saint-Laurent…), aristocratiche come Elisabeth de Gramont, detta “la duchessa rossa”, pittrici come Romaine Brooks e tutta l’insalata russa lesbo-chic delle Colette, delle Stein, delle Toklas e delle Natalie Barney. Nella bella biografia di Peter Adam alla Gray dedicata (Thames &Hudson) più volte viene sottolineata la difficoltà, per una donna, a emergere in un mondo, specie quello relativo all’architettura, essenzialmente maschile, ma, al di là del sesso, Eileen era nata tropo bene, famiglia aristocratica nonché abbiente, per aver bisogno di imporsi: detestava competere, non era vanitosa, non aveva né la voglia né il bisogno di mergere. Tutto questo la aiutò a rimanere sé stessa, ma contemporaneamente la tenne sempre ai margini dei movimenti e dei sodalizi che contavano. Era troppo individualista per fare gruppo.
E1027, il nome della casa che oggi la fa ricordare come uno dei numi tutelari del modernismo, deve quella sigla non a qualche acronimo funzionalista, ma semplicemente alle lettere dell’alfabeto. Il 10 era la J di Jean, il 2 la b di Badovici, ovvero il suo compagno, la E rimandava a Eileen e il 7 alla G di Gray…Alla base di quella costruzione c’era l’idea che “il futuri proietta luce mentre il passato proietta ombre”: bisognava osare, insomma, non limitarsi a guardare indietro. Tutti gli oggetti e gli spazi della casa sono una specie di balletto meccanico smontabile e/o estensibile: divani che si allungano, tavoli che diventano bar, paraventi e finestre paravento, mobili a incastro…L’insieme non è però freddamente funzionale: c’è sì il desiderio di liberare il design in quanto tale di ogni ornamento superfluo, ma ciò a cui si tende è il giusto equilibrio fra bellezza e praticità.
Chi oggi visita la “casa bianca” prova una sensazione simile al visitatore della strepitosa casa di Curzio Malaparte a Capri, tanto il panorama naturale e la costruzione artificiale si amalgamano perfettamente. Rispetto al prodigio malapartiano, la creazione della Gray è più marina nei colori, nel taglio, nell’idea stessa di un battello quasi arenatosi sulle rocce, laddove la “Casa come me” di Malaparte è soprattutto un tempio pagano.
Ironia della sorte, finché Le Corbusier fu in vita, del futuro di E1027 si preoccupò proprio lui, come se per proprietà transitiva fosse opera sua. Morto nel 1956 Badovici, e non avendo la Gray nessun diritto proprietario in materia, sarà proprio “le Corbu” a trovare quattro anni dopo un acquirente, nella persona di Marie-Louise Schelbert, una sua vecchia amica svizzera. Nel 1974 la casa finì in dotazione al medico di quest’ultima, Peter Kaegi, che la spoglierà via via di mobili e oggetti, per poi a metà degli anni Novanta finire assassinato dai suoi giardinieri per motivi di denaro…
Da allora e per alcuni anni E1027 diventa un rifugio di squatter e barboni ed è ancora in virtù di Le Corbusier, ovvero della Fondazione che ne porta il nome se, d’intesa con le amministrazioni locali e le autorità nazionali, l’associazione Cap Moderne creata all’uopo ne ha curato un oneroso restauro e infine l’ha messa a disposizione di visitatori, appassionati, studiosi.
Eileen Gray morirà nel 1976, quasi centenaria, nella sua casa di Parigi. Le Corbusier se n’era andato, quasi ottantenne nel 1968, mentre nuotava davanti a quel mare e a quelle rocce che per più di mezzo secolo gli avevano tenuto compagnia, nonché davanti a quella “casa bianca” che così tanto gli piaceva e un po’ lo infastidiva per non esserne stato lui il creatore… ma il regista certamente. Peccato che alcuni grandi murales scomparvero. Badovic chiese a Le Corbusier di toglierli fatti in casa sua la E1027, altri andarono rovinati. Il rapporto tra la Gray e Le Corbusier era un rapporto di reciproca ammirazione ..la stessa lo considero’ un maestro ..poi Badovic creo’ altre tensioni e i rapporti si ruppero. La casa ando’ alla sorella , monaca che viveva in Romania, come abbiamo detto. La casa doveva andare all’asta e Le Corbusier impedì che la casa la comprasse Onassis e dopo 4 anni di interregnno e la fece comprare a una sua amica svizzera che fece un testamento per il suo psichiatra. Il folle medico curante venne ucciso dai giardinieri del luogo. Ma Le Corbusier era il capo di Cap Ferrat e faceva cio’ che voleva. “Non è bello cio’ che è bello ma è bello cio che è eterno”, soleva ripetere Janneret in arte Le Corbusier. E cosi fu.