PAOLO CALIERI DETTO IL VERONESE IN UNA GRANDE MOSTRA AL PALAZZO DELLA GRAN GUARDIA A VERONA FINO AL 5 OTTOBRE. QUANTE MERAVIGLIE!

Nel quartiere di San Paolo di Verona, nel 1528, il grande artista, del quale da due giorni è possibile ammirare una bella mostra a Palazzo della Gran Guardia, un bell’edificio classico proprio di fronte all’Arena, Paolo Veronese, nacque da Gabriele (tagliapietre) e da Caterina. Dopo un apprendistato nella bottega paterna andò a lavorare da Antonio Badile per imparare i segreti della pittura.

A diciotto anni il giovane apprendista ebbe la sua prima occasione di lavoro autonoma e successivamente si aggiunse ai decoratori della bottega di Michele Sanmicheli. I suoi primi clienti veneziani nascono proprio da questa frequentazione, perché le attività del Sanmicheli erano spesso fuori Verona come per esempio a Castelfranco Veneto, dove lavorò alla decorazione di Villa Soranza. Nel 1551,
l’artista crea per la Chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia e per la Cattedrale di Mantova i rispettivi altari e da quel momento trasferisce di fatto nella laguna veneziana la casa e il suo atelier. Risale ad allora la sua prima commissione per il palazzo del Doge, per la Libreria Marciana e per la
Sacrestia e l’altare della Chiesa di San Sebastiano. La definitiva consacrazione avviene però all’inizio del 1560 quando affresca la villa dei Fratelli Barbaro a Masero in provincia di Treviso: qui i suoi immaginari spazi dipinti dialogano con gli spazi reali pensati dall’architetto Palladio con un effetto illusionistico che lo porta alla fama. Per quanto dotato di un temperamento litigioso e polemico, Veronese riuscì comunque a investire nel suo genere, aiutato dal fratello Benedetto, riuscì anche a creare una vera e propria bottega alla quale però assicurava sempre un’armoniosa unità.

Con il fratello Benedetto apre una nuova bottega. La sua popolarità è dovuta alle commissioni della Repubblica di Venezia che lo utilizza anche come consulente artistico. Nel 1563 c’è una disputa tra la Signoria di Venezia e i mosaicisti Zuccato  (San Marco). Nel frattempo Veronese, il cui vero cognome è Cagliari, torna a Verona per sposarsi con la bella Elena Badile di venti anni più giovane di lui, parente di quel Badile che lo prese a bottega da giovane. Eura il 17 aprile del 1566. Dal matrimonio ne uscirono quattro figli, due dei quali, Gabriele e in particolare Carlo lo seguirono nella professione e dopo la sua morte continuarono ampliando questa industria per un buon decennio.

Veronese si battè per la difesa di Santa Maria dei Servi, dove aveva dipinto un “Banchetto a Casa Simone”, oggi conservato nelle Gallerie di Versailles. Nell’imponente  Chiesa dei Monti Berici di Vicenza, troviamo un’altra sua importante e imponente opera, “Il Bamchetto di San Gregorio”. Per il convento di Maria Maddalena, Veronese fece un altro “Banchetto in Casa Simone”, ma Venezia in San Giovanni e Paolo creò un’opera superba, “Banchetto in Casa Levi”, ora custodito all’Accademia di Venezia. Nel 1573, per questo lavoro l’inquisizione chiese una modifiche e quello che si sa è che Veronese si limitò a cambiare il titolo dell’opera, ma questo fatto non modificò la reputazione e alla fama di Veronese. La sua città divenne Venezia e per Palazzo dei Dogi gli fu dato l’incarico di affrescare numerose pareti e soffitti in quanto un incendio aveva distrutto una parte degli arredi. Le parti che gli vennero affidate furono le piùimportanti, il soffitto e la Sala del Gran Consiglio e la sala Maggiore del Consiglio. Poi vennero i lavori a Padova, Udine, Vicenza……La sua  bottega per mano anche dei suoi figli ed espertia rtisti  si occupo’ anche di opere di carattere religioso, anche se il dipinto del “Paradiso” non venne mai terminato. La sua arte era seguita alla spiritualità della Controriforma, come dimostrano i dipinti di San Pantaleone. L’ultima sua opera completa risale al 1587. L’anno seguente muore a Venezia a causa di un’infezione che l’artista prese a sant’Angelo vicino a Treviso in campagna durante una festa. Fu sepolto a San Sebastiano (la chiesa affianca la Facoltà d’Arte e di lettere e Filosofia, la facoltà staccata da Ca’ Foscari, il cui portone venne fatto da Carlo Scarpa ed occupa parte del convento e del chiostro della Chiesa attigua di San Sebastiano. I figli e i fratelli di Veronese continuarono per anni l’attività iniziata dal grande genio di Paolo Caliari.

In mostra fino a 5 ottobre possiamo ammirare un centinaio di opere tra olii, disegni e decori. C’è anche una statua dell’artista e i prestiti arrivano da molte città italian come da Firenze (Uffizi), Genova (Palazzo Rosso), Milano (Brera), Roma ( Galleria Borghese) ecc.. ma anche da Parigi, da Londra, da New York….da ogni grande museo. Le sette sezioni della mostra curata da Paola Marini e da Bernard Aikema sono accompagnate da un dettagliato catalogo edito da Electa. La Banca Popolare di Verona ha fatto restaurare “Festa in casa Levi”.  Questa può essere considerata la monografia più completa da ottant’anni a questa parte, dopo l’esposizione dopo quella veneziana del 1939. La mostra di 25 anni fa non fu così completa e curata negli allestimenti.


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