LA LEGGENDA DEL GRANDE INQUISITORE: UMBERTO ORSINI DAI FRATELLI KARAMAZOV DI FEDOR DOSTOEVSKIJ ALL'ELFO-PUCCINI

Un artistica strepitoso, un grande artista. Umberto Orsini chiuso in una scatola teatrale al neon dalla quale escono suoni ripetitivi e martellante affronta il messaggio che Feder Dostoevskij nei Fratelli Karamazov lancia contro l’umanità. I temi di fondo sono la fede, il delitto, la perversione, la sfiducia che l’uomo oggi gestisce la propria libertà così pesantemente minacciata dalla politica e dalla religione. “Sono da tre anni che porto in giro questo lavoro con la regia di Pietro Babina e sono gratificato dal consenso che in un primo tempo attraverso un percorso apparentemente oscuro, poi improvvisamente diventa chiarissimo, prende per mano lo spettatore dandogli la sensazione e poi la certezza di avere assistito a qualche cosa che solleva la pelle di Dostoievkj fino a farci vedere la sua carne e, per alcuni addirittura il suo scheletro”, spiega Orsini.

E’ da tanti anni che l’attore interpreta il ruolo di Ivan Karamazov , se vi ricordate fino dai tempi di un famoso sceneggiato televisivo che ebbe un successo inimmaginabile. Dopo tanto tempo glie era tornata la voglia di quel ruolo e soprattutto di tornare ai temi di quel romanzo per pronunciare proprio le parole più incandescenti del racconto che Ivan faceva al fratello Aloscia. “Con Babina e Aduardo Capuano, abbiamo immaginato un Ivan sopravvissuto all’immagine che il romanzo ci offriva e che potrebbe essere anche una proiezione della sua delirante fantasia, dei suoi sensi di colpa, del desiderio di punizione, del radicato disprezzo per l’umanità intera, della sua paura di confrontarsi con la proria giovinezza così faustianamente invocata e respinta”.

In un palco allestito freddamente con luci al neon e dei suoni quasi assordanti, il pubblico del Teatro Elfo Puccini di Milano, dove lo spettacolo sarà in scena ancora per una settimana, si trova ad assistere alla “Leggenda del grande inquisitore” liberamente interpretata di forte impatto, perchè il ruolo di chi assiste è in mezzo alla vicenda libero o meno di tradire la fonte e al tempo stesso di non deludere le attese legittime di comprensione di senso. La versione dell’autore russo si conclude con per il bacio e il suo seguito, ma qui non la vediamo perchè il messaggio vuole essere trasversale e astratto. Parlo del messaggio esistenziale, salvifico o meno, quel DIXI che suggela la condanna a morte del Cristo. Non c’è il bacio, ma la mano di quell’alter ego di Ivan dall’aspetto borghese che all’inizio dell’azione aveva preso per primo la parola. La sua mano copre la bocca all’inquisitore che che ha appena terminato il disvelamento della sua verità. Lo spettacolo è stato prodotto dal Teatro della Pergola.


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