QUEL BUGIARDO DI GOLDONI
Il Bugiardo è una commedia celeberrima, ricca di gag e di fulminanti trovate comiche. Gli equivoci che danno vita alla storia non sono però voluti solo da un festoso gusto teatrale, ma sono il risultato di una patologia tutta umana: il protagonista, Lelio, con le sue continue menzogne, innesca un meccanismo perverso e inesorabile che lo porterà alla rovina, al violento allontanamento dalla società in cui tenta disperatamente di inserirsi. Lelio è uno sbruffone e un bugiardo, ma è sostanzialmente un disadattato, vittima di una società troppo seria, troppo avida e incapace di affetti che non siano dettati dall’interesse o dal conformismo. È un essere umano dimenticato da tutti, addirittura dal padre, assente fin dalla sua giovinezza. Insofferente alle costrizioni, tenta di liberarsene con ogni mezzo, ma è tutto inutile: Lelio, che vive in un mondo tutto suo, è vittima del mondo degli altri. Ostaggio del mondo ipocrita e piccolo borghese di Pantalone, nella sua rivolta contro il modo dei padri, appare quasi un seguace di Don Giovanni.
Attorno a questa figura tragicomica ruota una galleria di personaggi buffi e crudeli, avidi, sospettosi e creduloni. Anche le donne, in questa commedia, pur essendo vittime di una società patriarcale severa e durissima, non sfuggono al conformismo messo in ridicolo dalle menzogne di Lelio. È una commedia divertentissima e cattiva. Il malessere e la paura serpeggiano tra le battute frizzanti. Come aveva capito benissimo Fassbinder, e come sostiene con acutezza Roberto Alonge, Goldoni è un autore moderno, con lampi di vera contemporaneità. Il Bugiardo offre molte occasioni per una regia ispirata dal gioco del teatro, che si avvale di un gruppo di attori formidabili, capaci di trascinare il pubblico e di sorprenderlo continuamente. Il Bugiardo è un punto di arrivo importante per la nostra Kompany, da qualche anno impegnata a proporre letture molto vivaci dei classici del teatro, salutate dal pubblico con entusiasmante successo. Tratteremo Goldoni così come abbiamo trattato Shakespeare: cercando di evidenziarne al massimo la forza poetica, i sentimenti più coinvolgenti e la contemporaneità. La nostra Compagnia ha uno stile essenziale e vivace che penso possa ben adattarsi a Goldoni, avvicinandolo ai grandi autori della nostra epoca, come Brecht, come Brook, e imprimendogli un ritmo narrativo agile come quello del cinema. Goldoni è il più popolare dei nostri autori. Credo che incontrarlo sia nel naturale destino di una Compagnia che, fin dal suo nome, vuole essere Popular.
Il bugiardo di Goldoni diretto da Valerio Binasco è da apprezzarsi per più ragioni, tra cui la conferma di una compagnia giovane e affiatata. Proprio come nel football, anche a teatro le star possono offrire momenti di estasi, ma quando tutta la squadra funziona l’astante prova un senso di impagabile relax. Ovviamente perché ciò si dia c’è anche bisogno di un buon copione, e questo Bugiardo, per cui il grande veneziano rielaborò genialmente una vecchia farsa spagnola ripresa anche da Corneille, è mirabile nel crescendo di bugie, o come famosamente le definisce il protagonista, di spiritose invenzioni, con cui costui preso nel proprio gioco di non arrendersi davanti all’evidenza, riesce a mandare avanti i suoi imbrogli solo a patto di caricare continuamente la dose, fino all’assurdo e a un parossismo di comicità. Si tratta di poesia pura tra i pieni e i vuoti della scenografia: finestre aperte sulla sconfinata tristezza di esistere. E poi la vera forza dello spettacolo. Gli attori al servizio di una costruzione contemporanea. Il Lelio di Maurizio Lastrico è uno straordinario lucifero traballante, accartocciato sulla sua fame atavica di spiritose invenzioni. Mangiato dalla paura dell’ombra che gli disegna mirabilmente il volto, a perenne distanza di sicurezza dai suoi interlocutori, più affamato dell’Arlecchino che gli fa da pubblico, sguscia e s’insinua intrappolato tra le maglie delle sue stesse bugie. Attorno a lui gesticola una Beatrice (Elena Gigliotti) più provinciale e meglio costruita di quanto fece Goldoni e poi le altre donne: Deniz Özdogan, una Rosaura così ironica sulle sue svenevolezze d’amore da render inutili le stucchevoli rappresentazioni goldoniane. Maria Sofia Alleva non è più la Colombina ossequiosa del suo ruolo ma già al primo quadro appare con il suo lato B. E poi gli uomini, a partire dalla forza classica di Michele di Mauro, un Pantalone che scava nella paternità con una sofferenza moderna. Questo è ciò che riportano alcune recensioni.Ma è tutto da vedere.
Elfo Puccini Sala Shakespeare, c.so Buenos Aires 33, Milano – Martedì/sabato ore 20.30, domenica ore 16.00 – Intero € 30.50 – Ridotto giovani e anziani € 16 – Martedì €20 – Prenotazioni e prevendita: tel. 02.0066.06.06, <mailto:biglietteria@elfo.org> biglietteria@elfo.org, http://www.elfo.org