PALMA D’ORO AL GRANDE KEN LOACH CON GRANDI ATTORI E UNA SENSIBILITA’ VERSO IL SOCIALE STREPITOSA
Luciana Baldrighi
a Cannes
Era giusto che finisse cosi. E’ Ken Loach, con I, Daniel Blake, il vincitore della Palma d’oro di questa 69° edizione del Festival di Cannes, un film semplice che va direttamente al cuore dello spettatore, senza effetti speciali né grandi divi. Visibilmente commosso, il regista britannico ha ricevuto il riconoscimento dalle mani di Mel Gibson. Controcorrente, rispetto alle altre pellicole in competizione, quello di Loach si segnala altresì per il suo spessore sociale e la grande attenzione data alla psicologia dei personaggi. Nell’insieme, una Pama meritata.
Meno meritato è invece il successo di Xavier Dolan che si vede assegnare il Gran Premio della giuria. Juste la fin du monde non è il suo miglior film, anche se è comunque un film potente per come gli attori vengono guidati.
Per la miglior regia, la giuria ha messo insieme l’ottimo Bacalaureat di Cristian Mungiu e il mediocre Personal Shopper di Olivier Assayas, ennesima dimostrazione di come lo sciovinismo francese, il discorso vale anche per il canadese francofono Dolan, giochi un ruolo di primo piano nel condizionare le scelte.
Il Premio della giuria ha visto la scelta, discutibile, cadere su American Honey di Andrea Arnold, mentre il Premio per la miglior sceneggiatura è andato all’iraniano Asghar Farhadi per il suo Forushande che si è aggiudicato anche il premio per la migliore interpretazione maschile con Shahab Hosseini. Quella femminile ha visto la scelta spiazzante, ma interessante, di Jaclyin Rose, la “madre coraggio” di Ma’ Rosa. Tutto sommato, Isabelle Huppert non ha bisogno di Cannes per essere considerata una grandissima attrice…