WIM WENDERS DELUDE. “FRANCA” IL DOCU-FILM DEL FIGLIO FRANCESCO CARROZZINI PIACE. PREMIO ALLA CARIERA A JERZI SkOLIMOWSKI E’ STATO CONSEGNATO DA JEREMY IRONS
Non servivano i 3D per un film “Les beaux jours d’Aranjuez” per rendere più gradevole un dialogo esistenziale tra uomo e una donna in un giardino in campagna sotto a un gazebo otto l’occhio attento di uno scrittore. Roba vecchia Eppure Wenders ha fatto tanti bei film da “Paris Texas”, “Un sono lungo un giorno”, “Un angelo sora Berlno”….
Mentre la Sozani ha voluto lasciare il suo testamento con “Carla” , un’intervista video girata dal dolcissimo figlio Francesco Carrozzini; voglia di una madre che vuole farsi perdonare per essere stata troppo assente e con solo il lavoro in testa ancora in cerca di un principe azzurro mentre si f immortalare immortale per essere st l’innovatrice di Vogue. i stupisce che la Condè Nast le ha lasciato così tanto spazio anche se la criticava e non capiva la sua necessità d coniugare arte e moda .Naturalmente fotografoi e stilisti internazionali non ne hanno parlato male, ma tutti hanno detto che si trattava di un genio. Cinica, antipatica, si dice anche tirhia, la Sozzani ha la fama di portare sfortuna e non è mai stata veramente amata…forse per quel suo fare ruvido. Chi ha lavorato con lei ha sempre detto che era peggio di Crudelia…Belle le foto del film , foto da lei scelte per la sua rivista ma fatte da grandi creativi e fotografi. Carla ha paura di invecchiare e di morire. Odia il passato e guarda al futuro cercando il principe azzurro perché il vero amore non lo ha mai conosciuto nemmeno da giovane. Un marito, dice, si cambia come una qualsii cosa…
“La luce sugli oceani”, come da titolo tradotto in italiano, in concorso c’è stata L’alluvione delle lacrime…Difficile mettere in scena un triplo dramma: un ex reduce dalle carneficine della Grande guerra che ormai alla vita non chiede altro se non un posto di guardiano di faro nella più sperduta delle isole australiane; una giovane fanciulla che se lo sposa anche perché stanca dei lutti in famiglia (due fratelli morti sul campo, padre e madre distrutti dal dolore); due aborti spontanei che frustrano il desiderio di maternità della neo-coppia; una barca alla deriva con dentro un neonato vivo e il corpo di suo padre morto; una madre che piange la scomparsa del marito e della bambina appena nata; agnizioni, arresti, processi, confessioni, dolore, espiazione…Per due ore di emozioni fortissime.
Tratto dall’omonimo best-seller di M. L. Stedman, The Light between Oceans, questo il titolo originale, di Derek Cianfrance, allinea per protagonisti Michael Fassbender e Alicia Vikander (premio Oscar quest’anno per The Danish Girl), ora coppia anche nella vita reale e quindi ancora più ambita qui al Festival per il combinato disposto di arte e pettegolezzo. E’ anche vero però che l’elemento primo del film è la selvaggia libertà della natura da un lato, il senso di claustrofobia e/o depressione che il suo eccesso può provocare se vissuta in solitudine. “Nel romanzo di Stedman ho trovato tutto quello che andavo cercando” dice il regista: “ In altri miei film, penso a Bule Valentine, a Come un tuono, mi ero appassionato a raccontare il groviglio dei sentimenti amorosi, un matrimonio che va a rotoli per piccoli rancori quotidiani, oppure una saga generazionale…. Qui però c’è molto di più, dal punto di vista individuale e epocale: c’è un faro, e quindi la luce, c’è un segreto da tenere nascosto, ma che porta in sé i germi del suo disvelamento, c’è l’isola come concetto geografico e insieme come metafora di una certa condizione umana, c’è un’epoca, gli anni fra le due guerre, moderna eppure ancora vittoriana…. Intorno a tutto questo ho cercato di raccontare la verità, l’accettazione del perdono, la capacità di porsi dei limiti”. Per certi versi, La luce sugli oceani è la storia di un dopoguerra dell’anima, la voglia di chiudere con ciò che è stato, ben sapendo però che il nostro passato ci presenta egualmente il conto e solo noi sappiamo qual è il giusto prezzo da pagare… Tom, il reduce dal carnaio della Prima guerra mondiale, ha una moralità e un senso di responsabilità che, come dice Fassbender, le generazioni di oggi non sanno nemmeno cosa sia, ma non è il solo a comportarsi con il giusto senso dell’onore. Quanto alle donne, il tema è come sottolinea Alicia Vikander, “quello della maternità, come dire acquisita, rispetto alla maternità naturale. Naturalmente, non sta a me dire quale sia la più giusta, credo però che il mio personaggio e quello di Rachel Weitz che le si contrappone, raccontino in maniera esemplare l’amore e il sacrificio che in suo nome si è disposti a compiere”. Il faro sempre un punto di avvistamento , una metafora per far luce sul vero.