ESCE IL DIARIO INEDITO DEL REGISTA ROSI QUANDO ANDO’ A CUBA PER REALIZZARE UNA PELLICOLA SU IL “CHE”: VENNE BLOCCATO DA CASTRO. IL G7 A TAORMINA E IL BEL FILM “LE BEAU SOLEIL ” CON LA BRAVA BINOCHE
Francesco Rosi nel 1967 era da tempo che si rompeva la testa per come realizzare un film su Che Guevara. Oggi è uscito il diario inedito del regista che una volta a Cuba fu bloccato da Castro. Chissà cosa era allora l’Avana?!…”I 99 giorni del Che” è il titolo del volume che raccoglie gli scritti di Rosi edito da Rizzoli. Che tempi! E se pensiamo a Cannes quando nel 1970 Federico Fellini presentò “La dolce vita” mentre sereno se ne andava senza scorta e senza paparazzi a fare la sua lunga passeggiata quotidiana lungo la Croisette?! Veniamo a questo 70 esimo Festival di Cannes. Sono curiosa di vedere “Le beau soleil” , la brava Binoche ma anche qualche festa come quella di Chopard, partner da sempre della manifestazione…la tradizionale sfilata di star che indossano i più bei gioielli dell’antica gioielleria francese. Almeno danno un po’ di vita a questo Festival!
Sono partiti i lavori per il G7 a Taormina e ai Giardini di Naxos. Superblindata dalla terra al cielo Taormina ospiterà all’interno dell’antico teatro greco i presidenti dei Paesi partecipanti assisteranno a un concerto del Teatro alla Scala diretto dal Maestro coreano. Cena organizzata dal presidente Mattarella sulla terrazza suggestiva di uno dei più belli alberghi di Taormina e da buon siciliano non ha sbagliato un colpo per farsì che questo G7 con i luoghi più suggestivi della nostra Sicilia non sia così facile da dimenticare. Non sarà facile mettere tutti d’accordo. Peccato che il tema deglisbarchi in Italia non sia stato toccato a dovere. L’Hotel san Domenico ospita il summit…Oggi arriveranno dall’Africa i Presidenti dei Paesi invitati……intanto nell’attraversata dalla Libia nel Mediterraneo muoiono 1 bambino all’ora. Oggi sono sbarcati in Sicilia 1400 migranti. Juncker, presidente della Commissione Europea, ha detto:”Costruiamo ponti non muri…”. Di questi minuti la morte della stilista Laura Biagiotti a Roma a 74 anni per attacco cardiaco, E sempre per stare in Italia il Tar boccia la direzione di 6 importanti Musei, quasi tutti stranieri, incluso gli Uffizi. Chissà poi perchè devone essere stranieri come a Brera? Il Ministro alla Cultura Franceschini annncia che arriveranno ricorsi. Altra novità che arriva dalla Grecia; oggi l’ex direttore della Banca Centrale è stato colpito da un pacco bomba, mentre la Regina Elisabetta visita i ragazzi negli ospedali di Manchester. Mente gli Stai del G7 attendono i presidenti invitati dell’Africa, anche a Cannes si parlerà di terrorismo naturalmente attraverso un film che è piaciuto. Noi italiani non avremo una solidarietà dall’America o dalla Gran Bretagna. Noi dobbiamo sperare in buoni accordi con Bruxelles. Problema sul clima e sullo scambio economico non sembra non essere stato colto da Trump. Il commercio è importante per l’economia dell’Eurozona. Torniamo a Cannes e anche qui vediamo che si parla di terrorismo.
Un thriller socio-razziale, Auf dem nichts, di Fatih Akin, un thriller psichiatrico-sessuale, L’amant double, di François Ozon, un thriller onirico-giudiziario, Une femme douce, di Sergei Loznitsa, nessuno dei tre memorabile, hanno segnato le ultimi battute di un Festival privo di colpi di scena. Manca ancora una pellicola in concorso, You Were never really here, di Lynne Ramsay, anche qui un thriller politico-investigativo, ma difficilmente sarà in grado di alterare il giudizio complessivo: da un quindicennio a questa parte e, ironia della storia, proprio nella celebrazione del suo settantesimo, mai si era visto un Cannes così moscio. Sul perché di queste défaillance, torneremo una volta viste le scelte finali della giuria: per il momento è meglio restare sui film all’inizio elencati, perché ciascuno emblematico della crisi autoriale abbattutasi quest’anno sulla mostra.
Dei loro tre registi, bisognerà dire che Ozon si è rivelato il più presuntuoso, Loznitsa il più cerebrale, Akin il più ambiguo…L’amant double è un pastrocchio, dove realtà e sogno si mischiano senza che lo spettatore sia messo in condizione di farsene un perché. Di solito, un thriller degno di questo nome ha dei colpi di scena che trovano la loro ragion d’essere in un finale che li sveli e insieme li spieghi. Qui c’è una coppia maschile di gemelli, una figlia unica convinta di aver assorbito nell’utero materno la sua gemella, una madre mal amata e che nulla ha fatto per fari amare. I gemelli sono entrambi psichiatri, la ragazza è in cura da tutti e due, ne ama uno, ma gode sessualmente con l’altro, c’è di mezzo una storia pregressa, un’altra ragazza che, sempre dai gemelli tradita, ha tentato il suicidio ed è rimasta invalida. Nulla però è vero e tutto è falso, un transfert continuo: alla fine la ragazza clinicamente è guarita, ma mentalmente resta instabile…L’unico elemento positivo del film è che Marina Vatch, la sua protagonista, è spesso nuda in scena, ed è un bel nudo…Anche qui Ozon però non sa dire di no all’ansia di strafare: amplessi multipli, voluti e/o subiti, una sodomizzazione maschile fatta dall’elemento femminile in virtù di un pene artificiale appositamente comprato per l’uso…E’ la psicanalisi, bellezza, vien voglia di dire….
Une femme douce (la Binoche, come lo era già nel film con J. Deep in Chocolat) J.de è tratta molto, ma molto liberamente da un racconto di Dostoevskij, ma, per restare a questo autore, qui il castigo per il pubblico è colpa del delitto compiuto dal regista. Nella Russia dei giorni nostri, una donna, che ha il marito in carcere, si vede mandato indietro il pacco-viveri periodicamente spedito. Cerca di sapere il perché, ma nessuno le risponde. Decide allora di recarsi alla prigione, in Siberia, un nome che è un programma. Qui sbatte la faccia contro un muro di corruzione, inganni, sofferenza, lo squallore di un regime dove è cambiato tutto, ma tutto è rimasto come prima. Prelevata una sera dalla polizia, viene portata in un castello, ma non è quello di Kafka, bensì una specie di circo di freaks felliniani. E’ un sogno? Sì. Si risveglia? Sì e no. Riuscirà ad andarsene dalla Siberia? Dopo due ore e venti, ancora non lo sappiamo.
Infine in The Fade, All’improvviso, racconta il terrorismo che tutti ci riguarda. Una moglie tedesca, sposata a un “maneggione” turco e madre di un bambino, un attentato che uccide l’uno e l’altro. La bomba l’ha messa un’organizzazione neo-nazista, ma i due esecutori materiali vengono assolti per insufficienza di prove. Lei allora decide di farsi giustizia da sola. Diane Kruger è brava nel delineare un dolore che si trasforma in rabbia e poi in desiderio di vendetta, ma il film vuole tenere insieme troppe cose. Il regista è turco, ma vive in Germania e ci vuole dire che non esiste solo il terrorismo fondamentalista islamico, non per nulla la vittima è un musulmano agnostico. Punta anche il dito contro la giustizia ingiusta, ma non se la sente di approvare le legge del taglione, e infatti la donna si farà esplodere nel camper dei due attentatori, morendo così con loro Quest’ultimi sono privi di umanità, ma a denunciarli è stato il padre di uno di loro… Per non voler essere troppo manicheo, In the Fade è inutilmente ecumenico. In Turchia c’è un terrorismo curdo, contro il governo centrale che considera i curdi non in quanto tali, ma come turchi di secondo grado.
Poi c’è un terrorismo fondamentalista,legato a Daesh e ostile al voltafaccia turco in Medio Oriente: prima contro Assad in Siria, poi a favore, poi di nuovo contro. Poi c’è un terrorismo sciita, di matrice iraniana ( i turchi sono sunniti), anche qui legato al ruolo turconell’ Iraq, sunnita, dove la minoranza scita è appoggiata dall’Iran che appoggia anche quella curdo-irachena. Poi c’è un probabile terrorismo politico anti Erdogan, fatto dai superstiti del fallito colpo di stato. Un casino, insomma.