CHIUSURA SOTTO LA PIOGGIA DEL 74° FESTIVAL DE CINEMA DI VENEZIA. LEONI E COPPA VOLPI CONSEGNATI DAL MADRINO DELLA CHERMESSE E DALLA GIURIA. SUL PALCO ANCHE IL DIRETTORE BARBERA E IL PRESIDENTE BARATTA
Ecco il risultato di questi giorni convulsi qui al Lido di Venezia. La chermesse si è chiusa sotto la pioggia stanchezza ed emozione. Personalmente non mi aspettavo certi conclusioni o almeno non tutte. Tanti film furi concorso erano molto interessanti e belli. Ma così si è espressa la Giuria: The Shape of Water, la favola visionaria di Guillermo del Toro, esce dunque con il Leone d’Oro, mentre al surreale Foxtrot, dell’israeliano Samuel Maoz, va quello d’argento, Gran Premio della Giuria. Sorprendenti per molti, ma non per noi, sono l’altro Leone d’Argento, per la miglior regia, a Jusqu’à la garde, di Xavier Legrand, che si aggiudica anche i 100mila euro destinati al miglior esordiente, e il Premio Speciale della Giuria a Sweet Country, di Warwick Thornton, western australiano e crepuscolare girato in Austraulia.
Charlotte Rampling, Coppa Volpi come migliore attrice, non fa gridare allo scandalo, perché Hannah pesa interamente sulle sue spalle, ma lascia comunque l’amaro in bocca per la bocciatura della straordinaria Frances McDormand in Three Billboards outside Ebbing, Missouri. Frances è superiore come presenza a Charlotte ma siccome i film si già preso la Coppa Volpi (Volpi fondatore con Cini del Fetival di Venezia nel 1933) più equo è stato dare alla Ramplig la Coppa in questione. Quest’ultimo si aggiudica però il più che meritato premio per la miglior sceneggiatura. Giusta che la Coppa Volpi maschile a Kamel El Basha, il palestinese ferito nell’onore di The Insult. Nell’insieme, è stato un Festival movimentato. Dei ventuno film in concorso, sono meno di una mezza dozzina quelli che non hanno corrisposto alle attese, segno che la selezione è stata mirata. Fra di essi, i capitomboli maggiore sono stati quelli di mother!, di Darren Aronofsky, e di First Reformed, di Paul Schrader, entrambi vittime di quel narcisismo autoriale che spinge i registi a trasformarsi in filosofi e/o predicatori. La giuria capitanata da Annette Bening è stata anche abile nel non cadere nella trappola umanistico-sentimentale del gigione Ai Weiwei e del suo Hmuan Flow.
Questa 74° edizione ha dimostrato di avere fatto anche nelle sezioni Orizzonti così come nei Fuori concorso, un buon lavoro con una felice alternanza di temi e di stili. Lo stesso Leone d’Oro alla Carriera, che ha visto premiati Robert Redford e Jane i Fona, ha rispecchiato l‘indirizzo che da alcuni anni Venezia ha imboccato: tenere conto del pubblico, e dell’immaginario collettivo di questa arte, cercare di non considerare le rassegne cinematografiche come un circolo riservato a pochi intimi e però non rifiutare di aprirsi ai percorsi più innovativi e alle prove d’autore.
Il resto lo ha fatto un Palazzo del Cinema rimesso a nuovo, la novità della realtà virtuale, la sezione Venezia Classici Documentari e quella dei Classici restaurati, quest’ultima con dei recuperi eccellenti, da Antonioni a Godard, da Ferreri a Walsh, che in molti casi, proprio per il sapiente lavoro di restauro digitale, si sono rivelati una sorpresa, dando nuova linfa a chi giustamente ritiene che il luogo per eccellenza dove vedere un film sia la sala cinematografica, il grande schermo. Si attende una totale ristrutturazione del Palazzo del Casinò, che contiene sale e sale stampa e sale pe conferenza. Nella speranza che venga mantenuto lo stile l’arredo degli anni Trenta. Venezia, insomma, passati gli anni in cui sembrava di stare a Pechino, tanto era l’alluvione di film cinesi, e quella in cui più o meno goffamente si pensava di clonarla a Roma, ha ripreso il posto che le compete: è il più antico Festival dedicato alla cinematografia, e ne ha la consapevolezza. Non ha la forza di Cannes quanto a mercato industriale, ma può controbattere efficacemente quanto a qualità. Abituati al vittimismo e all’autoflagellazione, un po’ di trionfalismo a volte non guasta.
Bello il film di Kitano fuori concorso i chiusura Festiva, “Outrage Coda”,,,sperando lo diano nel sale. Un altro fil che ha commosso, ed è stato l’unico a toccare il tema dei senza lavoro anche tra gli imprenditori, tanti suicidi, proprio per il tema se non è poco pubblicizzato. Quindi un grazie al regista Bellucco e il film su “San Leopoldo”, finanziato dalla Regione Veneto e dai privati.Alla chiusura in Sala Grande era presente anche Roberto Ciccuto, presidente dell’Istituto Luce che quest’anno compi 80 anni di attività. La nostra memoria, la nostra storia è tutta racchiusa lì…”Quando ero giovane Cinecittà aveva criticato per la scelta d aprire e porte all televisione. Oggi abbiamo grazie anche ai filmati tv un patrimonio incredibile..racconta lo stesso presidente Ciccuto. In occasione è uscito il libro “Cara Cinecittà”. curato d Giancarlo Di Grigorio. Cinecittà sono pellicole, audiovisivi in generale, Museo del Cinema e dell’Audiovisivo e attività di formazione al Centro Sperimentale.