ALLA TRIENNALE DI MILANO UNO STUDIO SUL FUTURO SVILUPPO URBANISTICO E TERRITORIALE:
Occuparsi dell’Africa da un punto di vista dell’architettura nel senso più ampio del termine, vuole dire occuparsi di un luogo in cui si stanno sviluppando alcuni dei fenomeni più interessanti, inquietanti e complessi di questi ultimi anni. Non c’è dubbio che il complesso planetario sta cambiando, vuoi per la scarsità delle risorse fossili in esaurimento, vuoi per la pressione antropica, oggi dotata di una grande potenzialità tecnica, vuoi per la situazione demografica in aumento impetuoso, ma c’è anche da tenere presente l’incremento dell’urbanizzazione, della globalizzazione anche sotto il profilo economico.
La mostra <Africa Big Change Big Change> alla Triennale di Milano a cura di Benno Albrecht del Dipartimento di Culture del progetto dell’Università di Venezia (IUAV), aperta fino al 28 dicembre, vuole mettere in evidenza le dinamiche delle grandi trasformazioni in corso in Africa, sottolineando in particolare i fenomeni di concentrazione urbana da un lato e di un ridisegno di luoghi ad alta densità di popolazione ma a basso sviluppo urbanistico. Per fare un esempio dalla ricerca condotta dal professor Benne Albrecht e dai suoi allievi e assistenti emergono dati che creeranno nuove opportunità di trasformazione del territorio. In sostanza il continente africano sarà il protagonista nei prossimi anni di una gigantesca rimappatura architettonica e urbanistica che se da un lato significherà nuove prospettive di vita, dall’altro porrà un problema di impatto ambientale che si rifletterà anche sugli altri continenti. <Nel 2030, stando agli studi, anche le regioni che oggi hanno minor tasso di urbanizzazione saranno a maggioranza con una popolazione residente nella città. La popolazione urbana dell’Africa, 748 milioni, in questa data supererà la popolazione complessiva dell’ Europa, 685 milioni. La nostra ricerca è partita con un gruppo di studenti sette anni fa nel Mali. Qui non se ne è mai parlato..>, spiega il curatore, il professor Benno Albrecht. In sostanza stiamo assistenzo al più grande processo di inurbamento e dovremmo eportare grandi esperti di progettazione e urbanisti. Tra grandi fotografie, proiezioni e plastici si può vedere come è iniziata questa ricerca che deve essere ancora pubblicata, ma che già sta diffondendosi attraverso convegni internazionali come quello che si terrà il 28 dicembre alla Aga Khan Foundation, poi a Bruxelles, a Venezia. La mostra parte dalla ricerca che attraverso i protagonisti della scena dell’architettura in Africa, dal dopoguerra al modernismo tropicale raggiunge i nostri giorni: <Stiamo parlando degli interpreti di una progettualità impegnata nella proposizione di una nuova modernità, il cui interesse supera le ragioni specifiche, estetiche e tecniche, e fa riflettere attorno a problematiche più generali, di assetto complessivo delle città, delle modalità d’intervento, dei problemi sociali>, continua a spiegare Benno Albrecht. Si tratta dunque di una sfida che riguarda il controllo dei grandi numeri, di persone, di pressione dell’urbanizzazione e anche della possibilità del controllo della grande dimensione sia urbana sia territoriale.
Le sei sezioni dell’esposizione in Triennale di cui è presidente Claudio De Albertis, mettono in evidenza lo sviluppo urbano in Africa attraverso i casi più ecclatanti; in Laos, Maputo, Nairobi, Dakar (qui in Nigeria c’è l’Università Lomè, molto attiva), Cairo…Lo sfruttamento delle acque, l’energia, l’arresto della desertificazione e le nuove infrastrutture sono i protagonisti di questo nuovo scenario allestito da Alberto Ferlenga, Stefano Mondato (grafica) e Enrico Guastaroba con l’architetto Albrecht naturalmente. Si indaga anche su come conservare tradizioni e si mettono in msotra anche iaghe come la sofferenza. Il tasso di mortalità dei bambini sotto i 5 anni è altissimo. La modernità dovrà essere sostenibile ed ecologica. La modellazione in 3D e la stampa in 3D restituiscono una visione di architetture poco conosciute, alcune portano grandi firme di progettisti internazionali. La megalopoli africana di presenta come un vivaio operativo ma difficilissimo da gestire, Tra le architetture più significativi anche quelle di italiani (Arturo Mezzedini) o brasiliani (Oscar Niemeyer)…