ANTONIO PARADISO CON “UN ANNO A VENEZIA” ALLA GALLERIA PONTE ROSSO DI BRERA A MILANO FINO AL 16 GIUGNO
Conosco la Galleria Ponte Rosso di Via Brera dal 1973-74, praticamente dalla sua esistenza. C’era il signor Consonni e sua moglie e ora il figlio Alessandro. Ne sono passate di stagioni. Brera era un fervore unico sotto il profilo culturale e d’estate si andava con la signora Nanda a trovare i pittori da Romano a Burano e poi anche a Burano. De Pisis stava a Venezia, Brambati vi bazzicava…Novello era molto affezionato alla galleria e alla famiglia Consonni, di mostre ne ha fatte tante li e di pubblicazioni, signori libri e riviste erano all’ordine del giorno. A partire da giovedì 24 maggio 2018, verrà presentata la nuova mostra di Paolo Paradiso. Un totale di 20 dipinti molto materici dedicati proprio a Venezia, realizzati dall’artista negli ultimi 12 mesi. Un’altra sezione della mostra verrà presentata in una sezione apposita dedicata al tema “classico” per Paradiso: “New York anni ’50 e ’60. La mostra verrà presentata dall’amico Andrea Bosco, “vecchio collega” in Rai” e non solo…anche nella carta stampata.
“Non c’è artista che non abbia provato a cimentarsi con Venezia. Dall’innovativo Carpaccio, a Tiziano, Tintoretto, Tiepolo, Longhi, Canaletto, Guardi, Bellotto, chiunque volesse confrontarsi con la luce e il colore doveva farlo inevitabilmente con Venezia e la sua laguna”. Ecco come la vede lui…
Il Novecento ha esibito i Tito, i Nono, i Milesi, i Fragiacomo, i Favretto, i tre Ciardi, Il paesaggio e gli uomini. La città un tempo Repubblica cosmopolita, costretta alla decadenza.
La “scuola di Burano”, ultima esaltante pagina di un libro con molti capitoli. Consacrata sui tavoli del ristorante “Da Romano”, dove il padrone di casa serviva, con pesce pescato e verdure dai forti profumi, carta da spolvero ai Dalla Zorza, Novello, Vellani Marchi, Consadori, Seibezzi, Cherubini, Neno Mori, Novati, Villa.
Raccontò un cronista che molti di quei branzini, triglie, carciofi ed asparagi, prima di finire in cucina, approdavano, schizzati dagli artisti, tagliati dal forbicione di Romano, nella sua collezione.
Bocciato dai critici, il giovane Vedova scaraventò nel canale una sua opera (poi recuperata) inveendo contro “la giuria passatista”.
Quei pittori hanno intersecato la storia culturale di Milano grazie al lavoro dei coniugi Consonni alla “Ponte Rosso”: collante tra Brera e Burano. Nessuno si è sottratto a Venezia: l’arte moderna è segnata dalle riflessioni pittoriche veneziane dei De Chirico, Carrà, Guidi, Brindisi, De Pisis, Saetti, Semeghini.
La sfida di Paolo Paradiso, Venezia colta tra 2017 e il 2018, è temeraria. Un realismo estremo che va oltre l’iper-realismo. Forme e colori che risultano violenti colpi di luce. Venezia esposta come attraverso uno zoom cinematografico. Oltre la fotografia. Il reale più realistico della realtà. Impresa complicata a Venezia, dove lo spazio appare sospeso tra il tangibile e il sognato. Tra il percepibile e il favolistico. Dove la lama accecante del sole sulla pietra d’Istria, rivaleggia con quella dei tramonti di timbro provenzale, sulla laguna. Dove la luce “a cavallo”, per pochi minuti al giorno, transita sui rii riflettendo le sfumature dei palazzi. Il “reale”, a Venezia, imprigionata nella sua leggenda, non esiste. Una città Stato costruita sulle palafitte che per secoli ha dominato il commercio e condizionato la vita delle genti mediterranee. Se vai a Venezia ti chiedi se quanto hai letto, sulla sua storia, sia veramente accaduto. E come sia potuto accadere, per così lungo tempo.
E’ questa la misura della “sfida” di Paradiso. Artista che a Venezia deve essersi sentito a disagio e contemporaneamente “di casa”.
Foresto e insieme “citadìn del mondo”, come sostenevano gli antichi veneziani per spiegare la riluttanza a collegare i loro isolotti, dove non andavano “né bò, né biroci” e dove “i zentilomeni non gà polvere su le scarpe”, alla terra ferma. Là, dove il resto del mondo era, “campagna”.
Paradiso scarica su Piazza San Marco una luce gialla, da campo di grano di Cascella e la diffonde dall’alto. Mette in primo piano con sfacciataggine caravaggesca, sedie e tavolini in un soffuso che non è tramonto. Non è il bagliore dei lampioni della piazza. Quanto, piuttosto, una luminosità trascendente
La sua Venezia d’inverno è fredda: si intuisce il gelo, si percepisce il disagio esistenziale di chi la abita. Ti stupisce, Paradiso, con i colori seppiati di un canale dove “dormono” le “topette”. Un rio che cattura la nebbia: il “caìgo” che in novembre avvolge la Laguna.
Per capire Paradiso non si può prescindere dalla sua esperienza newyorkese. La sua lettura alla Hopper. Quella dinamica dello spazio che Henry James attribuiva alla Mela. La Carcassone descritta da Henry Miller in “Max e i fagociti bianchi”. Dove svettano i grattacieli, sfavillano le insegne pubblicitarie, luccicano le lamiere degli yellow cab e delle fuoriserie. Ma dove Paradiso come in certe istantanee di Vivian Maier, sa cogliere l’essenza di una città e di una gente.
Chi conosce Venezia sa che Paradiso ha cercato, con il gotico indagato da John Ruskin, scenari alternativi. La tela, tra quante proposte, che mi ha incantato è il “Vaporetto in Laguna”. Colto dalla Giudecca alla maniera della “Gondola” di Francesco Guardi.
La notte appena percepita. Lo sfondo azzurro-grigio della tonalità prediletta da Casagrande e dal Consadori chiarista non ancora rapito dalla violenza bretone dei rossi e dei blu delle case di Burano.
La luce del lampione in primo piano, nel dipinto di Paradiso, è paradigmatica a quelle del confine: là dove si intuiscono la Basilica di San Marco e la Chiesa della Salute. Complice di quella, in un disposto simmetrico, all’interno del vaporetto: la tela che diventa pellicola. La percezione, seguendo la luce, è che il battello navighi. Dentro al vaporetto, un mondo invisibile ma immaginato, di uomini e donne a fine giornata sulla rotta che porta a San Zaccaria. Come ha capito Paradiso, Venezia è una eternità in movimento. Tra luci ed ombre.” Bravo Alessandro!
Note biografiche di dovere: Paolo Paradiso è nato a Milano. Intraprende studi di grafica pubblicitaria ma si dedica contemporaneamente alla pittura, di cui è appassionato da sempre. Nel 1978 apre un suo studio fotografico e collabora con riviste di moda e studi pubblicitari. Nel 1983 decide di trasferirsi a Chicago. Durante quel periodo la pittura diviene la sua attività prevalente e nel 2003 espone la sua produzione alla Michael H. Lord Gallery of Chicago. Nel 2004 ritorna a Milano e vince il “Premio di Pittura Carlo Dalla Zorza” organizzato dalla Galleria Ponte Rosso che lo rappresenta da allora. Negli ultimi 10 anni le esposizioni di Paradiso hanno riscontrato un continuo e crescente successo. Attualmente vive tra Milano, Parigi e Barcellona.
La mostra resterà aperta fino a sabato 16 giugno 2018 con il seguente orario: da martedì a sabato 10-12.30 e 15.30-19.