ARRIVEDERCI CARDINALE MARTINI
Mi piacevano i suoi modi, la sua severità, quella voce che nelle omelie a tanti non piaceva perchè sembrava un po’ metallica, forse una teoria oratoria per farsi meglio comprendere.
Mi piaceva il suo modo di non giudicare ma di cercare di comprendere. Il suo credere nell’importanza della pace, della fiducia, la stessa fiducia che si deve avere negli altri e che nasce dalla famiglia fino ad arrivare alla pace mondiale. La messa la diceva in italiano e in inglese, non che dirla in latino non laì’apprezzasse, ma temeva che non tutti la capissero.
Per lui la società italiana è secolarizzata ma la descriveva nei suoi libri come una nazione moderna fatta di serietà dietro la facciata giocosa del carattere degli italiani. OggiMartini purtroppo è arrivato dopo anni di sofferenza causata dal morbo di Parkinson all’ultima fermata sulla terra, una terra che ha sempre amato, perchè nelle sue preghiere c’era sempre la parola “preghiera e fede”. Si è riappacificato con la morte perchè perchè convinto che era l’unico modo di congiungersi con Dio.
Dopo un lungo periodo di studi in Terra Santa a causa del suo male dal 2008 risiedeva all’Alousianum di Gallarate, prima ancora (nasce aTorino nel 1927 e dal 1979 al 2002 è Arcivescovo di Milano. Si diceva che poteva diventare Papa, ma la sua malattia non gli ha permesso di “candidarsi”. E’ morto nella sua Gallarate e non ha voluto accanimenti terapeutici in quanto era sempre stato favorevole a una intelligente valutazione delle reali possibilità mediche relative al decorso della malattia. Un atteggiamento che comprende le ragioni del malato. La sua MIlano è stata in ansia per la sua vita e forse anche tutto il mondo cattolico italiano,
Biblista ed esegeta, il gesuita Martini ha saputo strigliare i politici e dare lezioni intelligenti di altruismo sociale, un altruismo che doveva partire dalle istituzioni. Quanti giornalisti lo hanno ascoltato affascinati al raduno annuale con la stampa, persino chi era ateo riconosceva nelle sue parole grandi insegnamenti. I suoi librì andavano a ruba e la sua statuta e i suou occhi verde-azzurro ti penetravano nell’anima.
Lo scorso giugno aveva incontrato Benedetto XVI in visita a Milano e sempre a MIlano in Duomo oggi ci sarà la messa, la Cattedrale sarà gremita come sempre di fedeli e di gente che credeva nelle sue parole, tanti prelati, l’arcivescovo Scola, il Sindaco e tutte le autorità non mancheranno a dare l’ultimo saluto.
Nell’ultimo incontro in un salottino destinato a ricevere la stampa aveva cercato di alzarsi e allargare l mani. Il grande predicatore è rimasto senza voce, come quella volta che incontrò per sette minuti il Papa, riuscì a parlare con un apparecchietto e uan voce fioca. Era da ieri che il Cardinale Angelo Scola invitava i fedeli a pregare per lui, perchè Martini credeva molto nella preghiera. Lo diceva soesso ai gesuiti dell’Istituto di Gallarate, lo scriveva sempre e ne spiegava la logica.
Già nel 2005, durante il Conclave aveva avuto i primi segni della sofferenza. La sua forza è sempre stata quella del dialogo persino con i laici, uomo di grandi vedute e devo dire che il titolo più bello glielo ha dedicato per l’appunto Il Manifesto “Il prete bello”, facendo calco al titolo di un libro di Goffredo Parise, mentre il più improprio glielo fa Giuliano Ferrara su Il Foglio con commenti critici quasi designandolo un “opportunista”. Carlo Maria Martini era pacifica, come abbiamo detto ed è sempre stato da parte degli immigrati e non aveva mai criticato l’eutanasia. Gianfranco Ravasi lo ricorda sul Sole 24 Ore con parole importanti designandolo un “progressista vero”. E sull’Avvenire si titola “La fede che vince il mondo amandolo”. L’alfiere dell’incontro delle culture avrà i suu funerali lunedì e come abbiamo detto la camera ardente sarà tenuta in Duomo. A 85 anni aveva fatto tanta esperienza; nato nel mese di febbraio nel capoluogo piemontese fu eletto da Papa Giovanni Paolo I ad Arcivescovo, fee di tutto per studiare, fu il numero uno nelle ricerche esegetiche fino alle meditazioni fisico-spirituali. Mi sembrava ieri quando lo sentii in Sant’Ambrogio a Milano in una delle sue “prediche”, alto, austero, inflessibile, Era nel 1944 che entrò nella Compagnia del Gesù. Condusse i suoi studi nella Scuola Gesuita di Torino. Nel 1952 fu ordinato sacerdote e nel 1969 diventò rettore dell’Pontificio Istituto Biblico, un incarico ricoperto fino al 1978. Il 10 febbraio del 1980 fece il suo ingresso nella Diocesi ambrosiana succedendo al Cardinale Giovanni Colombo. Addio e arrivederci studioso e intellettuale amato da tutti e tanto anche da Karol Wojtyla. Mi rincresce solo essere a Venezia a seguire il Festival da giornalista e non poterle dare l’ultimo saluto in Duomo, E’ certo che quando rientrerò a Milano riprenderò in mano uno dei suoi migliori libri. Proprio oggi hanno proiettato al Lido “Paradise” un film che parla della religione e ne fa scoprire lati positivi inattesi. Dal 2008 viveva a Gallarate dove passo regolarmente per andare alla mia casa sul Lago Maggiore, ogni volta il mio pensiero vola a lui. Fu il primo a parlare di incertezza politica e la seconda incertezza, quella del bene e del male.” Ci sono molte famiglie in difficoltà economiche. Il lavoro per tutti…la lotta per la lgalità….e una giustizia arminica. Bisogna amare le diversità”. Al Corriere della Sera, ha ricrdato Ferruccio De Bortoli lo ricorda come un uomo vicino a tutti e le sue parole, i suoi articoli parlavano sempre di comprensione, di dialogo….Fu il primo Vescovo che mandò gli auguri ai Musulmani per il Ramadam e aprì diede il via all'”Ascolto dei non credenti”. Una figura ricca e complessa che ha parlato al cuore del mondo.