BELLA LA VENEZIA DI GIUSEPPE VOLPI DELUDENTE "TOO THE WONDER" DI MALIK

Una bella sorpresa è stato il documentario che ha ricostruito la nascita della Mostra del Cinema  e il suo imporsi sulla scena internazionale anche negli anni del dopoguerra. “Dai nostri inviati. La Rai e l’Istituto Luce raccontano la Mostra del Cinema di Venezia 1932-1953”, narra infatti l’intuizione di Giuseppe Volpi di Misurata, allora presidente della Biennale e inventore di Porto Marghera e propritario della Compagnia dei Grandi Alberghi tra cui l’Execelsior, subito diventato la sede mondana degli invitati d’eccezione alla rassegna.

Cominciò tutto alle 21.15 del 6 agosto 1932 quando si accese un proiettore sulla terrazza a mare dell’Excelsior e un pubblico elegante e facoltoso assistette alla visione dellungometraggio americano “Dr. Jekyll and Mr. Hayde”, di Rouben Mamoulian. A operare questo “miracolo”, Volpi di Isurata era stato aiutato da Antonio Maraini, segretario della Biennele e appassionato d’arte e da Luciano De Feo, presidente dell’Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa, che si adoperò per portare al lido majors e cinematografie europee. E infatti la denominazione esatta di questo che sarà il primo festival assoluto della pellicola, recita Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica.

I cinegiornali-Luce, degli anni ’30 e ’40, la settimana INCOM e Mondo Libero del dopoguerra, i documentari conservati nel Archivio Storico Luce, le Teche Rai e i Tg sperimentali del ’52 e ’53, le interviste radiofoniche di Lello Bersani, interviste (come quella di Mario Soldati ai presidenti delle edizioni del Festival) e testimonianze degli anni successivi ai protagonisti  di quella esperienza, aiutano a ricosruire il clima di un’epoca. Una nascita “internazionale”, ma all’interno di un regime quale quello fascista che ha compreso l’importanza del cinema come arma di comunicazione, le influenze del fascismo stesso dopo la proclamazione dell’impero, lo scoppio della seconda Guerra Mondiale lo stesso giorno della chiusura dell’edizione del 1939, le tre mostre dergli anni di guerra, sempre alla presenza do Goebbels, la trasformazione di Venezia nella “Cinecittà” della Repubblica di Salò. lo stop, per ovvi motivi fino al 1946, il ritorno all’importanza del cinema per voltà dell’allora sottosegretario Giulio Andreotti, l’affacciarsi di nuovo sul Lido di attori e personalità più diverse: Winston Churchill, lo Scià di Persia, Rezza Pahlevi, Orson Welles, Alessandro Blasetti, Silvana Mangano….

Il dopoguerra segna per Venezia l’inizio della rivalità con l’appena nato Festival di Cannes e la necessità di interrrogarsi sulla struttura stessa di una mostra a premi, sempre in bilico tra dimensione artistica , potere economico e realtà di consumo. La mancata assegnazione nel 1953 del Leone d’Oro per il miglior film e il clamoroso ex aequo di 6 leoni d’argento che contrassegna la 14a Mostra, preannuncia quello che nel successivo decennio diverrà la contestazione ai Premi e la chiusura per alcuni anni della Mostra stessa. Con l’esistenza dei Leoni d’oro e d’argento coniati da un noto artista per i vincitori e anche la nascita della famosa Coppa la Volpi destinata ai migliori attori. Una sala oggi è dedicata al suo creatore.

Venendo ai giorni nostri sconcerto e delusione ha invece carattezzato la proiezione di “Too the wonder”, di Terrence Malik, visionario regista americano, non alle prime armi che già lo scorso anno aveva trionfato a Cannes, che si va ormai specializzando in film esistenzial-religiosi dove il senso della vita, l’irrazionalità dell’amore, l’idea del peccato e l’assenza di Dio concorrono a raccontare per frammenti destini individuali di cui non è sempre chiaro ne il punto di partenza che quello di arrivo. Qui una francese, già sposata e già madre incontra un americano dopo un viaggio al monastero di Saint Michel, Tutti e tre andreanno a vivere in America, poi lei torna in Europa, poi ritorna in America, poi riparte e sempre più misterioso è oer lo spettatore seguire l’avanti e indietro sentimentale della coppia. C’è uno che ama di meno, l’attore Ben Afflek, una che ama di più, l’attrice Olga Kiriulenco, c’è un prete in crisi religiosa, Xavier Bardem, l’alzarsi l’abbassarsi della marea è sicuramente una metafora ei sentimenti che appaiono e scopaiono,  il mestiere dell’uomo, uno che controlla lacontaminazione dei terreni, indica probabilmente un qualcosa che ha a che fare con la contaminazione della anime. Il risultato è un polpettone, estenuante nelle immagini galligrafiche, appesantito da una colonna sonora che è quasi uan voce narrante, molto pretenzioso. Più che di un regista sembra l’opera di un predicatore un po’ confuso.

Gli animi si sono risollevati nel pomeriggio con il film danese di Susanne Bier, “Love is hall Yuo Need”, “L’amore è tutto ciò di cui hai bisogno”, ovvero l’amore è l’unica cosa che conta, è una commedia sentimentale e dolce-amara che racconta di un matrimonio fra ragazzi che non si farà ma, della scoperta di nuove possibilità per chi sembrava dovesse rassegnarsi alla vecchiaia. Il anorama di Sorrento, le canzoni di Dean Martin, gli occhi azzurri di Pierce Brosnan, hanno fstto battere il cuore di tuute le spettatrici.


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