CANNES E L'ARTE DEL LUSSO. REDFORD TRIONFA E POLANSKI LO APLAUDE

I dipendenti del Gran Hotel Carlton sono scesi in strada a manifestare contro le voci sempre più insistenti di una sua imminente vendita. Lo skipper dello yacht dell’ex star della Formula 1, keke Rosberg, ha portato in tribunale il suo padrone per maltrattamenti e licenziamenti. Questa storia sembra ricordare il bel film “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wert Muller, con la Melato e Giannini che hanno dato prova di essere due grandi attori (proprio questo anno la Melato è morta dopo un lungo male), dove i “signori spadroneggiano sui cafoni”, anche se gli skipper o marinai no[photopress:redfor.JPG,full,pp_image]n lo sono, spesso vengono paragonati a dei servi e non sono nemmeno sempre ben pagati per il lavoro che dura una stagione).

Non tutto il lusso è quello che luccica, e dietro ad alberghi e barche per milionari (queste ultime invadono la bella baia togliendo panorami da mozzafiato e inquinano molto), si nascondono lotte di potere fallimenti, denaro riciclato, sfruttamento. Il lusso di questi tempi sembra più che amato demonizzato, ma non sotto l’aspetto politico e ideologico, piuttosto da un punto di vista di una moralità andata perduta proprio a causa della ricchezza. Qui sono tante le ragazzine e ragazze che salirebbero su una Ferrari o su una Porche (solitamente noleggiata) pensando di fare le dive per un giorno o di avere acchiappato un buon partito, mentre quasi sicuramente il fortunato è una spiantato, magari carino che tira di cocaina tutto il giorno e può anche essere che ti porta a festini dove ti fanno bere di tutto e abusare del tuo corpo, specie se è giovane. Sotto allucinogeni i malviventi rubano nelle ville, ormai da anni, anche in Italia e violentano pure le vecchiette. La ricchezza è un mito demonizzato ma anche globalizzato che affonda le sue radici in Occidente ma anche in Paesi emergenti, dove dietro la facciata illusionistica, rimane ancora tanta povertà, miseria, analfabetismo, corruzione e sempre meno vi è assistenza pubblica, norme igieniche, sanità, pensioni sociali…lavoro pulito). Certo, per capire che cosa sia la povertà assoluta basta guardare la il film “Grigris” del regista Haroun, una discesa negli inferi dei disadattati del Ciad; racconta senza sbavature la miseria vera fatta da case di fango e baracche, mettendo al centro della storia un giovane handicappato che si ostina a fare il ballerino alla Michael Jackson, e una prostituta meticcia che vorrebbe smettere la sua attività. L’incontro tra i due “marginali”, entrambi segnati da una società tanto violenta, darà il via a una serie di piccoli riscatti e di eventi non sempre fortunati, culminanti con una fuga che sa di rivincita ma forse anche di morte. Il giovane già doveva mantenere il costo alto di un ospedale per un padre semimorente e una madre che lavava i panni al fiume e li stirava e cuciva per poi consegnarli ad altri poveracci che comunque stavano meglio della loro famiglia, ma che avevano del lavoro.

Ieri è stata la grande giornata di Robert Redford con il suo film che non è in concorso, “All is lost”, di J.C. Chandor. Redford, già (Il grande Gatsby di sempre sullo schermo con Mia Farrow nel film di J.Clajton) rimane pur sempre un mito: con lui ha sfilato la moglie Sibille e il suo amico Polanski che lo ha abbracciato. La storia, una traversata solitaria sull’Oceano Indiano a bordo di una barca di 39 piedi (12 metri), da solo, pieno di pericoli e di adrenalina; come se non bastasse avviene anche uno scontro con un’altra imbarcazione. In pratica un film muto ma appassionante specie per chi ama il mare.

L’altro attesissimo film francese in concorso “La vie de Adéle” di A. Bechiche, racconta la storia torrida e torbida dell’amore tra una adolescente e una studentessa di Belle Arti. L’adolescente minorenne ha prima un ragazzino carino che la ama al liceo e poi si lascia attrarre da questa maschile, forte e seducente, nonché convincente ragazza (Lèa Seidoux). Lascia persino la famiglia e si trasferisce da lei fino a quando lei non la tradisce con un suo collega (visto che non va all’università e insegna in un asilo con grande passione). A questo punto la Adéle (Adéle Exarchopiulos) viene cacciata di casa in malo modo dalla sua amica che ha mire artistiche e figlia della buona borghesia si mette con una sua ex che ha un figlio, ma con la quale ha anche la stessa passione per la cultura e l’arte. Le due si rivedono al vernissage della mostra dell’amica dove appare anche un quadro di Adéle nuda insieme ad altri nudi dal tratto sfumato ma di genere moderno. Il film finisce con un ragazzo che la conosceva bene e che la stimava, non era il collega dell’asilo con il quale aveva chiuso, ma questo sembra invano cercarla tra le vie in macchina quando questa piangendo fugge dalla galleria in lacrime. Si vedone nel film manifestazioni, probabilmente del “Gay Pride”. Il film è girato a Lille.

“La vie d’Adéle chapitre 1 & 2”, per l’esattezza, racconta in un arco di tempo di ben tre ore come nasce e come muore un racconto sentimentale specie in un’età non ancora psicologicamente ben definito. La pellicola ha deluso perché dal regista di “Coscous” ci si aspettava ben altro. Il film sempre fatto di primi piani e sesso morboso, dialoghi poco profondi e una storia limitata che racconta di una realtà che sembra fatta solo di “culi e di lesbiche”. E’ vero che negli ultimi anni sembrano tutti i gay usciti come funghi e che in Francia la parità dei sessi non solo si è fatta rispettare come una categoria “normale”, ma questa devianza ha ottenuto anche il matrimonio. Un interessa di Hollande di stornare l’opinione pubblica da altre cose in un momento di crisi. La stessa cosa è avvenuta in Spagna… La maggioranza sono famiglie nomali, speriamo per il futuro che non diventi difficile trovare una famiglia vera con una sua continuità genetica, in un mondo in cui già le razze si mischiano.

L’arrivo di Polanski, regista e coproduttore del documentario sulla storia del grande pilota della Formula 1, Jakie Steward, ha deluso qualcuno. Ha deluso anche “Solo Dio perdona” di Refn, mentre rimane bravo seppur stabile nelle parti l’attore Rayan Goslin che era cos’ tanto piaciuto in “Drive”. Ma i veri protagonisti di Cannes continuano a essere i paparazzi.  


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