CESARE BATTISTI AL VARCO. SI AVVICINA IL RIMPATRIO. A VENEZIA UN FESTIVAL DEDICATO A LUIGI NONO E BENEDETTO SIA IL NOBEL PER L’AUTORE DI “QUEL CHE RESTA DEL GIORNO”

E’ di queste ultime ore la notizia che l’ex militante del PAC, Proletari Armati per il Comunismo, Cesare Battisti è stato arrestato al confine tra Brasile e Bolivia. Dopo, o meglio, durante gli “anni di piombo”, dopo essere stato processato per quattro omicidi (indottrcesare battisti 2imagesA2TEC5LSinato in carcere da un teorico del Movimento), una volta fuggito dalla prigione è riuscito a rifugiarsi in Francia grazie alla “Dottrina Mitterand” che concedeva l’asilo politico a chi non si era macchiato di delitti di sangue. Non era di certo il caso di Battisti che una volta evaso viene accolto dalla sinistra intellettuale francese come B.H. Levy, F.Vargas, P.Sollers.

Il nuovo governo brasiliano potrebbe rivedere il diritto d’asilo e accettare la richiesta di estradizione chiesta dall’Italia in quanto in quanto avrebbe infranto la legge Battisti è stato preso al confine della Bolivia con una piccola quantità di droga e denaro sufficiente da lasciare pensare a una fuga. L’Italia e gli italiani, attendono giustizia dalla fine degli anni ’70. Si tratta di un criminale puro che aveva preso a pretesto un’ideologia per fare carneficina e sentirsi un eroe appoggiato non solo dalla sinistra colta ma anche da quella “estrema”.

Parliamo invece di una cosa piu’ positiva: l’Accademia di Svezia, dopo la delusione di avere dato il Nobile in veste di poeta e Bob Dylan (neanche è andato a ritirare il Premio), ha voluto aggiudicare il Nobel per la Letteratura allo scrittore giapponese, invece che a Murakami Hariki, come i bookmaker pensavano, a Kazuo Ishiguro, noto per essere l’aurore di “Quel che resta del giorno” (1989), un romanzo delicato che sottolinea la sensibilità umana e le rinunce spesso dettate da un’etica troppo severa. Ivory ne aveva tratto un bellissimo film il cui protagonista era il maggiordomo Steven interpretato da Anthony Hopkins al fianco della brava Emma Thompson, ambientato nell’Inghilterra degli anni Trenta, per quanto riguarda la prima parte e la seconda nel dopoguerra. Ihiguro ha scritto anche “Un artista del mondo del mondo effimero” (1986) e ancora prima “Un pallido orizzonte di colline” (1982) e nel 2015 “Il segreto sepolto”, “Non lasciarmi..” ecc. In tanti avevano sbagliato le previsioni tanto da non annoverarlo tra i dieci papabili e così sorpreso lo scrittore giapponese nato a Nagasaki nel 1954 (vincitore anche del Book Pride), ha dichiarato alla BBC di primo acchito: “Un magnifico onore. Ma ci sono tanti altri bravi scrittori..”. Il signor “modestia” si era trasferito a Londra con la moglie e la famiglia nel 1960. C’è chi ha definito la sua scrittura una via di mezzo tra la Austen, Kafka e un pizzico di Proust…ma non mi voglio esprimere. Godiamoci la vittoria meritata …anche se..guai a chi mi tocca Kafka.

Altra bella notizia. A Venezia è partito un festival dedicato a Luigi Nono e alla sua opera musicale e non nelle ex fabbriche della Giudecca fino al 9 ottobre sera. Nato nel 1924 e morto a 66 anni, veneziano purosangue, Nono ritorna alla ribalta grazie alla Fondazione che porta il suo nome , ricca di epistolari, partiture, vinili, testi autobiografici..Un artista discusso, anomalo, elegante e affascinante che lavorò come “un apostolo dell’assoluto” in quanto credeva nella lotta per cambiare il mondo tramite un arte portatrice di messaggi in nome di sentimenti d’uguaglianza. La sua ricerca si alternava tra la magica sospensione della voce e “nell’errare inquieto dei suoni, nella tensione musicale verso la finitezza..”. Insomma tra Karl Marx e Schonberg. L’archivio Nono e il grande spazio per la musica sono collocati nella Sala delle Colonne nell’ex Convento dei Santi Cosma e Damiano. Il volto di Luigi, detto Gigi, occupa tutte le pareti.

luigi nono 1images6ZKSO0ZWNono potè intrecciare le sue esperienze con Edgar Varèse, K.Stockhausen, Pierre Boulez e John Cage. Oggi la signora Nono guida gli archivi: Nuria è la creatrice e la voce degli archivi. Ricordo che da studentessa universitaria a Venezia, lavorai sodo all’interno della Chiesa di san Lorenzo dove Renzo Piano costruì la struttura per Il Prometeo. La moquette in bianco e nero con giochi sferici che Svoboda creò per la messa in scena alla Fenice di “Intolleranza”: mi ricordo che emergeva il simbolo della falce e martello, quale simbolo di una “fede totalizzante”. Da “Le memorie dell’Eden” che era la Giudecca operaia (oggi le fabbriche sono tutte chiuse), ancora si ha la sensazione che il vento un entusiasmo collettivo. Da quella memoria è nato il Festival Luigi Nono alla Giudecca dal 5 al 9 ottobre, con concerti, film spettacoli teatrali, dibattiti. Non manca un incontro con Massimo Cacciari amico e “complice” di Nono. Poi “Nostalgia del futuro”, un concerto di Gerhard Krammer, ispirato ancora al Prometeo e performances..Tutti ospitati dal Cantiere Navale Gruppo del Gruppo Faldis..una rivisitazione di Hanif Kureishi sull’intolleranza , “rilettura esecutiva , tecnologicamente ardita”…”A foresta è jovem e cheja che vida”, sulla quale il compositore riversò la ricerca sulla spazializzazione del suono. Mi ricordo “Al gran sole carico d’amore” con frasi di Fidel Castro, Gramsci, Marx, Che Guevara. L’idea era nata da un film realizzato dalla figlia Serena che era anche pittrice e s’intitolava “I film di famiglia”, ricavato da tanti vecchi filmini di famiglia per l’appunto, tutti inediti. Nono parlava spsso dei viaggi fatti in America Latina o in URSS… era amico di Togliatti, Berlinguer, ma anche di Ungaretti, Calvino e Vedova. Con loro discuteva della sua utopia e poi giocava a carte con gli operai della Giudecca che amava tanto; era interessato ai loro discorsi, ai loro pareri. Ascoltarli per Nono era un piacere sempre spinto dal bisogno di comunicare.

Era bella Venezia e non solo per i suoi palazzi, ci si batteva per i diritti della collettività, per i diritti scolastici, per l’istruzione per tutti, si tifava per Basaglia (noi i matti li vedevamo per davvero urlare dietro le sbarre del giardino e del muro del manicomio di San Servolo con le loro tuniche bianche di cotone sgualcite e sporche mentre i motoscafi e i vaporini sfrecciavano davanti ai loro occhi) , urlavamo “diritto al voto per tutti”, “diritto all’aborto”, “si al divorzio”…vestivano con mantelli lunghi neri d’inverno, zoccoli, camperos, maglioncioni pesanti…e andavamo ai tanti cinema d’essai di cui Venezia era fornita (ora non ci sono più, eppure la Serenissima ha il più importante Festival del Cinema del mondo, il più antico…


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