IL CIRCOLO DEI LETTORI DI TORINO OMAGGIA LONGANESI ALLA PRESENZA ANCHE DELLO STAFF DELLA CASA EDITRICE

leo longanesidownloadGrande serata, quella dedicata a Leo Longanesi, nel bellissimo Circolo dei Lettori di Torino. Coordinata dal critico letterario Luigi Mascheroni, nel cinquantennale della morte di colui che resta il più geniale degli editori italiani, ha visto riuniti il giornalista e scrittore della Stampa Mario Baudino, il romanziere e polemista del Fatto Pietrangelo Buttafuoco, autore anche di una fortunata antologia del pensiero longanesiano, intitolata appunto Il mio Longanesi, l’inviato del Giornale Stenio Solinas. Ciascuno di essi ha messo in risalto un aspetto della sua figura, che fu poliedrica: disegnatore, pittore, pamplhettista, scopritore di talenti, inventore di giornali…Quando morì, poco più che cinquantenne, l’epitaffio più bello fu quello di Giovanni Ansaldo: “D’ora in avanti tutto sarà più facile. Potremo finalmente scrivere i nostri articoli anche nei momenti di fiacca, senza la solita maledetta paura che cadano sotti i suoi occhi. Potremo pronunciare frasi inutili e stupide senza il solito maledetto terrore che arrivino al suo orecchio. L’incubo è finito”.

Raccontare e/o riassumere una vita breve, ma intensa come la sua non è facile: i tre ospiti, grazie anche all’intelligente pungolo diLONGANESI TARGAimages Mascheroni ci sono riusciti però benissimo, facendola ruotare intorno a tre sue frasi celebri. La prima, pronunciata negli anni Venti, recita: “Il fascismo non è bello per quello che ha in sé, ma per quello che promette”. Quando un giorno ci si deciderà a fare sul serio la storia intellettuale del Ventennio, un capitolo particolare spetterà a tutti quegli intellettuali che diedero al fascismo molto di più di quanto in cambio ricevettero e che dal fascismo si distaccarono non nel nome di un generico o convinto dissenso ideologico, ma più semplicemente perché si accorsero che il vero fascismo era il loro e non quello di un regime codificatosi in una recita dove la gerarchia era una posa, la fantasia un’illusione, l’anticonformismo una colpa. Longanesi, e con lui, Maccari, Malaparte, Berto Ricci, furono di tutto ciò i più degni rappresentanti.

La seconda frase è invece del dopoguerra e dice così: “Per indisposizione del dittatore, la democrazia si replica”. “Orfano” del fascismo e di Mussolini, Longanesi non amò la nuova Italia laica, repubblicana e antifascista che vedeva allora la luce. Ne fu da subito oppositore, ma non avendo nulla di reale da opporgli, perché le sue speranze e le sue certezze se ne erano andate con il 25 Luglio e l’Otto Settembre prima, con la resa militare e la pace senza condizioni dopo, si inventò un’Italia borghese inesistente, più ottocentesca che novecentesca, popolata di ufficiali in pensione e signorine di buona famiglia che in qualche modo facesse argine alla modernità di massa, alla volgarità di massa, alla democrazia dei partiti di massa. Fece, coscientemente, una battaglia di retroguardia, come può farla chi, esule nella propria patria, non riesce a trovare nel “nuovo che avanza” nessun motivo di soddisfazione o di identificazione. Chi legga oggi il Longanesi di allora si accorgerà di come il distacco dalla società reale, nonché il LONGANESIdownloaddisgusto che essa gli procurava, gli impedisse però la possibilità di esserne, in qualche modo, un artefice, se non in negativo. Pur nella creatività, la delusione che in lui prese il posto di quell’illusione a cui aveva dedicato i migliori anni della sua vita, fu sterile. Da protagonista, si ritrovò nei panni del sopravvissuto.

Qui si inserisce la terza e ultima citazione longanesiana, tanto più interessante da riportare perché viene in un momento in cui sdoganate ormai forze politiche e intellettuali un tempo ghettizzate, la tentazione di una attualizzazione della sua figura e del suo pensiero è salita alla ribalta, la volontà cioè di vedere nello spietato moralista dell’”Italietta” degli anni Cinquanta, nel dissacratore della allora cultura impegnata di sinistra, una sorta di padre putativo, di fratello maggiore nello scontro politico-ideologico oggi in corso. Tentazione legittima, eppure, come ha tenuto a precisare Solinas, sbagliata. La frase con cui si è concluso questo omaggio suona infatti così: “Non sono le loro idee che mi spaventano. Sono le facce”.

Di Longanesi restano libri come In piedi e seduti, Un morto fra noi, Ci salveranno le vecchie zie, Parliamo dell’elefante e il romanzo illustrato, Una vita. Con Omnibus creò il primo vero rotocalco italiano, con la casa editrice che portava il suo nome fu il precursore di quel genere editoriale che ha oggi nell’Adelphi la sua punta di diamante, ovvero una editoria colta e che rispecchia i gusti e i disgusti del suo creatore. Amico e consigliere di Giorgio Morandi, partecipò come artista alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Morì a Milano il 27 settembre del 1957, al suo tavolo da lavoro, E’ sepolto nel cimitero di Lugo.


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