COSA SARANNO MAI LE GEOMETRIE CROMO-CINETICHE DI DARIO ZAFFARONI IN MOSTRA IN QUESTI GIORNI ALL'ASSOCIAZIONE CULTURALE RENZO CORTINA? E' PRESTO DETTO!

Dario Zaffaroni ha una settantina d’anni ed è stato allievo e curatore dei lavori di Dadamaino, fu anche suo assistente; entrambi si legarono all’arte programmatica e cinetica in tempi non sospetti ebbero relazioni anche con il Gruppo O. Nel 2008 la Galleria Nazionale di Graz, in Austria, aveva organizzato una grande retrospettiva sull’arte cinetica italiana, c’era naturalmente Dadamaino, Buonalumi, Getullio Alviani….e naturalmente Zaffaroni,  questo è stato un fatto straordinario.

Stefano Cortina e Susanne Capolongo (introduzione Tommaso Trini) hanno curato il catalogo che accompagna la mostra di Zaffaroni allestita nello Spazio Cortina di Via Mac Mahon 14 a Milano, fino all’ 8 febbraio. Alla vernice sono venuti in tanti, da Elio Fiorucci a Alberto Biasi, da Marcello Morandini a Flaminio Gualdoni, da Veronica Riva a Giorgio Casati,da Marcello Morandini a Marina Apollonio fino a Cristina Celario, Jorrit Tornquist e Renzo Dell’Acqua, solo per citarne alcuni….., tutti per ammirare il mondo colorato e geometrico e le superfici strutturali. La modularità cromatica è ciò che più affascina nel lavoro di questo che sta ore e ore nel suo studio di Legnano, i sui colorati collage geometrici. Negli anni Settanta portava capelli lunghi e baffoni, ora è vestito come un distinto signore inglese, giacca di tweed e camicia bianca abbottonata fino al collo. quel tocco che fa la diversità tra un artista e un dirigente.

La ricerca artistica non sta nel fatto di dovere cambiare arte nel tempo, ma creare piani di lavoro che sono fruibili non nel senso tradizionale del termine, ma che hanno il potere di accrescere in bellezza in una società dei consumi mercificata dove non si può fare a meno della ricerca tecnica e cromatica delle immagini, eppure Zaffaroni come Dadamaino hanno sempre di fatto saputo padre come prima cosa gli artigiani, ritagliare, colorare, incollare con le loro mani e poi se mai rifiutarsi di credere che l’esistenza della società si identifichi con la funzione tecnologica industriale. Ma a parte ciò, il funzionamento automatico di certi tipi di “forze agenti nella psiche umana” forse spiegano un certo espressionismo astratto. Dal Gruppo O come dicevamo agli artisti di “Bordo Rigido”, che  hanno reagito in nome dell’esclusiva “visivilità” ed “espressività.

La ricerca spazio-visiva e il cromatismo di Zaffaroni oltre a esere geometrie sono anche “testure” intrecciate tra il concavo e il convesso dai colori degradanti, forti, un alveo linguistico derivato dal concetto di “percettivismo” o termine ultimo per indicare la percezione globale di un’opera d’arte, fatta di tocchi manuali, sinergie tra le superfici e l’immagine stessa, risultato di quel magnetismo in cui tutti gli atti del corpo ne sono gli artefici. Intorno al 1950 l’rte percettiva venne alla ribalta grazie alla “action painting”, ma si formò anche con le prime tendenze dei primi anni Sessanta.; entrambe si formarono sull’atto liberatorio e sull’energia del corpo. Le suggestioni optical e i congegni cineticii di Zaffaroni ci appaiono delle ondulazioni fluorescenti, dove la luce e la semi-escurità fanno la loro parte, così pure le cornici che contengono questi lavori, oggi rivalutati maggiormente. Il ciclo “Lumino cinetico” che Dario Zaffarone mise a punto neglianni Sessanta con Dadamaino sono giochi cintici che si avvicinano alle preghiere; parlo dei Rulli, rulli tibetani del buddismo tantrico, “combinazioni in cammino…”.

Le opere tridimensionali e poliedriche di questo grande artista hanno un loro rigore geometrico e sono state influenzate dal Concettuale,sebbene questo concettuale a volte combaci con il rigore e il calcolo matematico. Il “phatos pittorico, apparentemente non necessario influenza invece l’artista che applica di volta in volta una diversa metodologia per ottenere appunto rapporti matematici e geometrie strutturali, dai risultati optical imprevisti. Non è un caso che Dario Zaffaroni negli anni Settanta abbia frequentato  molti artisti all’avanguardia come Calderara, Colombo, Minoli, Dadamaino sempre , Torquist e Varisco. Allora l’artista doveva essere impegnato, non all’avanguardia, erano due significati ben diversi. Malgrado le differenze espressive – fa notare Susanne Capolungo in un’intervista con l’autore – li troviamo alla Neue Galerie di Graz, ma anche alla Quadriennale di Roma.

Tinte naturali mesciate con i limitati cromatismi (9 toni di carta fluorescente), hanno portato in seguito a realizzare l’arte con il computer e stampa digitale. Un percorso che si allunga perché dpo il grande sogno della Biennale politica del ’68, dove l’impegno politico era anche sociale, il gioco visivo o tattile continua e lo vediamo dalle Polidinamiche biocromiche del 1975 fino alle Dinamiche rotatorie complementari del 2013. Ma se devo essere sincera, al di là di conoscere ‘arte e la sua storia è altrettanto vero il discorso della pura percezione, ossia mi piace,  non mi piace, mi piace meno…Personalmente di questo Maestro adoro la carta fluorescente su faesite dal titolo in mostra “Modularità circolare policroma” del 2005, tanto quanto le “Dinamiche policromatiche orizzontali” del 1978 e persino quelle monocrome. Colore preferito? L’azzurro o il rosso. Dei Rulli mi piacciono le 4 Sequenze n.14 e i due Rulli prototipi realizzati per il progetto per la Place du Chatelet a Parigi con Dadamaino nel 1969/70.

Nigro, Spagnuolo, Varisco che hanno sperimentato delle ricerche analoghe a Zaffaroni, hanno portato a un susseguirsi di stagioni creative verso il concetto di “percezione visiva”. Non si contano i Premi e le mostre in Italia, in Europa e nel mondo, ma ciò che conta è che questo straordinario artista che ci ha fatto ancora stupire allo Spazio Tadini nel 2010 con performances di corpi umani che si integravano ai suoi lavori, abbia una capacità intellettiva e manuale segno di una vitalità interiore, nonostante l’età (anche se 70 anni circa un uomo non lo si considera più vecchio),  ancora oggi che l’arte sembra non avere più nulla da dire e che le ideologie sembrano non appartenere più a questo pianeta, Zaffaroni sembra volerci indicare con superfici cromatiche la parola “vita” che in termini cromo-genetici assume un significato al limite dell’invalicabile..

Abbiamo parlato dei 50 anni della Galleria e della Casa Editrice Cortina in un articolo precedente sul giornale cartaceo e le numerose iniziative degli eventi che accompagnano il cinquantenario, allora è anche giusto ricordare e fare gi auguri a Gillo Dorfles per la sua lunga carriera e dopo essere stati nel delizioso angolo all’inglese dove si trova la Galleria Cortina, fare una scappata alla Fondazione Marconi dove è in corso la mostra “Ieri e oggi” dedicata a Gillo Dorfles, un’istituzione per qualcuno ingombrante e per altri meno o affatto.

 


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