DENEUVE…L’ULTIMA O FORSE CE NE E’ ANCORA UNA…PURTROPPO AL COLLASSO. CARATTERACCIO MA UNA GRANDE ATTRICE DAI TEMPI DI BUNUEL. SPERIAMO CHE SUPERI L’ICTUS E CHE CONTINUI A FARCI SOGNARE
La Deneuve l’avevo conosciuta negli anni Ottanta quando inauguro’ una gioellereia, Pomellato all’angolo di Corso Matteotti. La deneuve ha sempre avuto un caratteraccio e non è mai stata tanto impatica, ma è una grande attrice, della vecchia scuola. Mi spiace sapere che ora è in ospedale a Parigi per un ischemia celebrale, un’ictus, forse per lo stress di due film che sta girando contemporaneamente. Dire l’età di una signora è poco elegante, ma la sua classe, quella del 1943 e’ speciale, ha fornato personalità e personaggi favolosi. Di attrici francesi brave ce ne sono di piu’ giovani anche magari di poco, altre molto piu’ giovani e della sua età un’altra…Ho tentato a cannes, al Festival del Cinema di Venezia di avere una intervista, ma mai. Non ci sono riuscita. Quest’anno quando ha portato ilo suo film con la Gainsbourg, “La verità”, devo dire che il film era lo specchio del suo carattere nella veste di madre fredda…egoista. Sapere che non sta bene mi spiacere e le auguro lunga vita, come auguro lunga vita a Delon che ha avuto il premio alla Carriera a Cannes questo anno e a Belmondo che lo ha avuto lo scorso anno a Venezia sebbene colpito da paresi, ma ce la faceva ancora. A Venezia la deneuve, molto ingrassata, sul red carpet sorrideva e firmava autografi…ma dura per al stampa avvicinarsi o strapparle un sorriso. Vive nel XVII Arr. Di Parigi e penso che l’ospedale dove è ricoverata non si pronunci ancora sul reale stato di salute di Chaterine…Di recente si erano avvicinate con la Bardot per il clima che sta squotendo la Francia e con loro l’amico Depardieu…
Nell’ultimo periodo della sua vita, Catherine Deneuve era andata specializzandosi nel ruolo di sé stessa. E’ difficile dire se ciò fosse avvenuto per volontà e/o colpa dei produttori, dei registi o per una sua scelta personale, ma ciò che sullo schermo appariva era una ex bella donna, ancora illuminata qui e là dei bagliori di un fascino non spento, un volto e un fisico su cui l’alcol e il fumo avevano lasciato tracce non indifferenti, l’ironia tagliente dei giudizi, il disprezzo mal celato per le opinioni altrui, frutto della convinzione che le proprie fossero sempre e comunque più interessanti. Allo scorso Festival di Venezia, questa identificazione aveva raggiunto la sua apoteosi in un film, Le verità, dove la Deneuve interpretava appunto un “mostro sacro” del cinema nel cui passato c’era stata anche la rivalità con la sorella-amica altrettanto se non più talentuosa e morta tragicamente troppo presto, proprio come nella realtà era successo a lei con Françoise Dorléac, e il complesso rapporto con la figlia, schiacciata dall’egocentrismo materno, che rinviava inevitabilmente a Chiara Mastroianni…Bravissima, come sempre, ciò che lo spettatore avvertiva era l’immagine superbamente antipatica di chi ancora voleva essere adorata, ma da tempo aveva smesso di rendersi adorabile. “Amatemi per come sono” sembrava dire, con il sottinteso che quel “come sono” volesse significare “sono ancora la migliore”…
In mezzo secolo di cinema, la Deneuve è stata naturalmente molto di più dell’icona di sé stessa e non è un caso che ad averla lanciata nel 1964 sia stato un film musicale, Les parapluies de Charbourg, in cui era poco più di una ventenne signorina la cui seduzione aveva il profumo del sapone e non del peccato. Eppure, da Belle de jour, che è appena di tre anni dopo a La sirène du Mississipi che lo segue quasi a ruota, all’Ultimo metrò, che inaugura gli anni Ottanta, l’immagine che si è imposta è sessualmente quella di un ghiaccio bollente, che brucia, ma non scalda, la freddezza, se non la frigidità che quasi sempre si accompagna all’amour fou, lì dove la felicità è una chimera e il disastro l’unica certezza. Lasciando stare il film di Bunuel, per il quale vale la massima di Ennio Flaiano che “ il tempo tramuta i film drammatici in film comici”, sono le altre due pellicole, entrambe di François Truffaut, a provocare quell’immedesimazione, in specie la prima, da noi tradotta con lo sciagurato titolo La mia droga si chiama Julie, e che fra l’altro fu uno dei “bagni” cinematografici più clamorosi dello stesso Truffaut…Lì l’avventuriero della storia, il seduttore senza scrupoli e senza rimorsi, era proprio la Deneuve e il sedotto e abbandonato, la “vergine” sacrificale e senza colpa era addirittura Jean-Paul Belmondo e si capisce come per un tale rovesciamento delle parti fossero necessari due attori d’eccezione. Mai Catherine è stata così bella e così tossica.
E’ probabile che la Deneuve sia stata l’ultima diva del cinema francese. Dopo di lei, parafrasando ciò che François Mitterrand diceva dei suoi successori all’Eliseo, “dei contabili, non degli statisti”, ci saranno soltanto delle attrici, più o meno brave, più o meno belle, ma senza quell’aura di sacralità che fa la differenza e induce al culto. E’ un segno dei tempi, meglio, della decadenza dei tempi, l’ossessione della visibilità e della pubblicità, il terrore di essere dimenticati, l’ansia di esserci sempre e comunque. Erano tutte cose alla Denevue ignote, compreso il voler apparire “politicamente corretti”, il femminismo un tanto al chilo, l’anti-maschilismo da baraccone mediatico, il tributo alle convenzioni quando diventano mode. E’ anche questo a rendere simpatica ciò che era una sua naturale antipatia, ma anche qui, per evitare di cadere nel cliché, bisognerà ricordare che il suo più grande amore è stato Marcello Mastroianni, fra i divi l’antidivo per eccellenza, il frutto di un’allegria e una pigrizia da ragazzo mai cresciuto che lo rendeva irresistibile. Per amor suo la Deneuve accettò un sodalizio cinematografico con Marco Ferreri che poco rientrava nelle sue corde e girò, fra l’altro, La cagna, tratta da un racconto di Flaiano, Melampo, in cui se ne andava in giro portata al guinzaglio proprio da Mastroianni…Finché durò fu una storia sentimentale del tutto particolare, una certa Francia che si scioglieva e si ritrovava nel suo coté latino, portata a coltivare i propri piccoli vizi, la buona tavola, l’ozio, il piacere naturale del sesso, senza intellettualismi né pose. Non poteva durare, e infatti non durò, ma quell’amore portò alla nascita di una bambina e questo vuol dire qualcosa, anzi vuol dire molto.
Ho parlato di Diva riferendoi alla Deneuve perché si puo’ essere bravi attrici o attori ma non avere quell’alloure che ti da una marcia in piu’…Lucchini è un bravo attore ma non un divo, non lo sarà mai, come la Loren o la BB o la Cardinale….