IL FASCINO DI UNA CITTA’ SULL’ACQUA E DELLA 75a MOSTRA DEL CINEMA A PARTIRE DALLA SUA STORIA. UN FESTIVAL NATO A VENEZIA NEL 1933 IN PIAZZA SAN MARCO GRAZIE AL CONTE VOLPI DI MISURATA E GIORGIO CINI
Bisogna dare atto al direttore della mostra, Alberto Barbera, di essere riuscito in un decennio a raddrizzare le sorti di un Festival che, uscito malconcio dal XX secolo, si era arrampicato nel nuovo millennio con il passo incerto di chi non credeva più in se stesso, minacciato da concorrenze nazionali partitico- mondane (lo strombazzato Festival di Roma poi sopravvissuto a se stesso); stretto fra il gigantismo sempre più onnivoro di Cannes e le nuove sperimentazioni di Berlino e Toronto; perso dietro a direttori che lo usavano come specchio del proprio narcisismo o dei propri, discutibili, gusti cinefili. Le polemiche sul nuovo Palazzo del Cinema mai realizzato avevano poi fatto il resto, un cratere a cielo aperto e in seguito miseramente coperto, che odorava di sciatteria e malgoverno, un turismo da rapina che mortificava gli appassionati che nonostante tutto si ostinavano a onorare quell’appuntamento annuale. E ha ancora ragione Baratta a sottolineare come l’esposizione Il Cinema in Mostra serva a un duplice scopo: “Ripercorrere le tappe essenziali di un percorso che ha fatto della Mostra, negli ottantasei anni che ci separano dalla sua nascita, un unicum (corsivo) di assoluta eccellenza, intriso di magia e singolarità. Con la sua ascesa, le sue cadute, l’opacità di certe edizioni, il rinascere continuo, il sapersi rigenerare guardando sempre in avanti. E, in secondo luogo, per ricordare a noi stessi, prima che agli altri, che la Mostra ha un senso se è più un luogo di sperimentazione che una vetrina, se ci aiuta scoprire film capaci di aiutarci a interpretare il passato dietro di noi e decifrare il futuro davanti a noi, lontani dalla dittatura del ‘presentismo’ ”.
“Il “presentismo” ha una data, cinematograficamente parlando, quel’68 in cui la Mostra si suicidò e rimase poi per lunghi anni così, un cadavere in putrefazione, ma imbellettato a suon di slogan per evitare di sentirne il tanfo ideologico. A Cannes, la sua storica rivale, il ’68 durò un anno, quel solo anno, da noi quell’attimo si eternizzò e quando finalmente si riuscì a girare pagina, intanto era cambiato tutto”. c’è chi afferma queste tesi, ma io in gran parte dissento parecchio, anche se la storia di questa manifestazioni passa anche dagli anni della Rivoluzione. I Godard, i Truffeau ecc…hanno dato un contributo considerevole con la Nouvelle Vague. vediamo nella foto il Maestro Vanzina con Martina Parodi che ha scelto la difficile strada del cinema..Vanzini le ha detto che la sceneggiatura è importante, importante è saper scrivere le ha ripetuto…esperta e amante del ciak , dopo avere fatto filosopia a Millano si è trasferita a Bologna dove ha studiato alla Rosengranz…spero di avere scritto giusto il nome, due anni dove ha avuto bravi maestri. Dai primi lavori con un fotografo pubblicitario noto nel mondo non solo della moda o stillife, per la Rai ha lavorato e sta lavorando per la serie dell’Ispettore Coriandro, Gomorra, Ligabue (pittore) e il film sulla vita di Lamborghini…non male come inizio. Inoltre ha vinto un Premio per il miglior cortometraggio lo scorso anno a Ferrara dal titolo ” Mare di Dune” con Teo Rinaldi. Martina Parodi ha curato la produzione.
Il Cinema in Mostra non è però solo una splendida galleria di mostri sacri della regia, dive e divi esemplari, per la maggior parte morti o in estinzione. Leoni d’oro a pellicole che fanno parte della storia della settima arte, pettegolezzi e copioni, rivalità, invidie e sceneggiature. E’ anche, e forse soprattutto, un tributo a Lido di Venezia e alla città stressa, all’esclusività di un Festival che ha come décor la più unica delle città, a sua volta set di innumerevoli film, dal vero (Summertime- Anonimo veneziano, A Venezia un dicembre rosso schocking) o ricostruita in studio (Cappello a cilindro, il Casanova di Fellini…) . Bello Yuppi Du …di Celentano con la brava e nella Charlotte Rampling, Il mercante di Venezia con Al Pacino e Jeremi Irons…..per non arlare della favolosa pellicola in bianco e nero con Orson Welles, “Otello”…. A racccontare in tv tutte le sere a tarda notte la cronaca dei film e delle divette è dal suo studio quella “specie di giornalista vestito da gondoliere tutto l’anno di nome Marzullo”, il quale possiede svariate trasmissioni della televisione pubblica pagata dagli utenti e ricca di pubblicità (una vergogna) ed è responaibile di “trasmissioni e capo struttura…tra le trasmissioni a livello demenziale si contano quelle suoi libri, su svariate sconosciute raccomandate ” alle quali pone demande demenziali per ordini superiori evidentemente. A Venezia un anno lìho visto isolato seduto per terra a mangiare un gelato, poi non l ho piu’ . Fortunamtamete…
Torniamo a cio’ a cui accennavamo prima di questa variante su Marzullo. Venezia è ’ un’unicità che essendo considerata naturale noi italiani abbiamo sempre pensato dovesse non finire mai, un dono che ci veniva concesso di sperperare perché inesauribile, l’estetica del vivere come stato della mente e non conquista faticosa da difendere, da tutelare giorno dopo giorno… Unicità tanto quanto il suo bel festivl dal carattere ancora umano. dove poi ancora vedere e qualche volta toccare e intervistare un regista, una star, una madrina, uno sceneggiatore… Non è un caso che il ’68 segni il momento in cui una generazione, come in trance, dissipa quello che la generazione precedente le aveva lasciato in eredità e che proprio al volgere del secolo una nuova generazione decida invece d riallacciare i legami con chi quella storia aveva iniziato, i Volpi e i Cini, l’Italia degli anni Trenta che dell’essere italiana era tanto fiera quanto consapevole.
Scartando Cannes nato dopo ila mostra di Venezia per il quale è stato costruito un orribile eco-mostro tra la Croisette e il mare, possiamo vantarci del Palazzo del Cinema da ristrutturare, il Csaino’ che ospita sale conferenze, cinema e sala stampa dove centinaia di giornalisti si accalcano a tutte le ore per inviare le recensioni dei film. Così, paradossalmente, in un’epoca di sussulti politici e di tremori economici, il Festival di Venezia giunto appunto alla sua 75° edizione può celebrare se stesso come la sola istituzione che nata nell’Italia di ieri sia sopravvissuta in quella di oggi e per giunta si presenti rinvigorita all’appuntamento, onorando i suoi fondatori, comprendendo e storicizzando i suoi detrattori e i suoi affondatori, lavorando sempre e comunque per un
marchio che dà lustro al Paese e che è testimonianza nonché vetrina di creatività, intelligenza, bellezza.
Chi irride al cinema come sterile fabbrica di illusioni o come specialistico rifugio di pallidi cinefili senza arte né parte troverà nei prossimi giorni in laguna la migliore risposta alle sue idiosincrasie. E in più, come diceva quella battuta di Il talento di Mr Ripley,“Adoro Venezia, vedi Venezia e poi muori, si dice così? O è Roma. E’ Roma forse… C’è una cosa che fai e poi muori. Comunque Venezia è nella lista”. Non è un caso che gi stessi veneziani fanno abbonamenti o comprano biglietti per una prima visione…