GENTILE E L'ANTIFASCISMO IN UN LIBRO EDITO DA MONDADORI

Luciana Baldrighi

Amico, studioso e biografo  di Giuseppe Prezzolini, nel concepire il suo In Italia ai tempi di Mussolini. Viaggio in compagnia di osservatori stranieri (Mondadori, 360 pagine, 20 euro) Emilio Gentile deve avere avuto in mente lo sferzante giudizio pronunciato anni prima dal suo vecchio maestro: “Se non ci fossero state le imbecillità degli antifascisti, quelle dei fascisti sarebbero apparse più evidenti”.

La nuova fatica di questo storico d’impronta defeliciana offre infatti un’ampia rassegna “dal di fuori” sul ventennio nero in cui la miopia degli osservatori antifascisti brilla come neve al sole: si va dal Mussolini semplice “pagliaccio” al Mussolini “solo” e senza alcun seguito, dal fascismo come “associazione a delinquere” all’Italia come un Paese pieno di carcerati”, da un regime impopolare e odiato a un regime destinato a cadere di lì a un giorno, una settimana, un mese, un anno…Leggendoli, non si capisce perché il fascismo durò un ventennio, ci volle una guerra mondiale per farlo implodere, lasciò tracce consistenti in campo sociale e culturale, godette di un reale consenso di massa.

E’ il solito problema dei pregiudizi ideologici che inficiano i giudizi storici, l’incapacità cioè di rendersi conto del reale stato delle cose, il non voler vedere e/o ammettere errori, incomprensioni, ritardi, il dare sempre e comunque la colpa agli altri, addirittura a un intero popolo.

Il libro di Gentile non è né vuole essere a tesi. Ma quello che viene fuori è che gli osservatori neutrali stranieri diedero, al tempo, un giudizio più articolato di quello degli antagonisti su che cosa fosse il fascismo e il suo capo, l’Italia in cui si trovarono a operare, le speranze e le illusioni che seppero provocare.

Mentre giornalisti radicali inglesi come William Bolitho, spagnoli come Alicio Garcitoral, tedeschi come Alfred Kurella non riescono mai ad andare oltre lo stereotipo del terrore, dell’inganno e della sopraffazione, altri, come il francese Maurice Pernot, cercano di capire e colgono per esempio “la causa originaria del fascismo nelle carenze dell’autorità dello Stato nel corso dei primi due anni del dopoguerra”. L’americano Carleton Beals, che copre giornalisticamente la “marcia su Roma”, a sua volta osserva come il degrado dei servizi nel primo dopoguerra avesse contribuito all’affermazione del regime fascista: “Condurre affari pubblici


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