GUALTIERO MARCHESI, THE GREAT ITALIAN…FILM ANTEPRIMA AL CINEMA ODEON DI MILANO E IN CONTEMPORANEA NELLE MAGGIORI CAPITALI STRANIERE
Serata “stellata”, quella tenutasi nei giorni scorsi al cinema Odeon di Milano, per presentare il film “Gualtiero Marchesi The Great Italian”, di Maurizio Gigola. A rendere omaggio al grande maestro da poco scomparso, il re-inventore in pratica della cucina italiana, c’erano tutti, i suoi allievi italiani come i suoi rivali francesi. Qualche nome? Andrea Berton, Davide Oldani, Pietro Leeman, Enrico Crippa, Manuel-Daniel Canzian e signora, Massimo Bottura, Alain Ducasse, Yannic Alliéno, Michel Troigros. Quelli che mancavano, come Carlo Cracco, dovevano la loro assenza nell’essere in quel momento testimonial del film in altre capitali, Mosca in questo caso, perché la Fondazione Gualtiero Marchesi e gli sponsor che fanno corona al progetto, hanno organizzato un vero e proprio tour internazionale per raccontare la vita e l’opera “di un grande uomo”. Va detto che la sala prescelta qui a Milano, a Marchesi, amante dell’arte e della musica, sarebbe piaciuta: il cinema–teatro Odeon in Santa Radegonda è infatti uno di quei gioielli dell’arte Liberty sapientemente restaurato e conservato negli anni’80 dall’architetto Marco Albini. Anche il parterre sarebbe stato di suo gradimento: esperti d’arte come l’antiquario Casimiro Porro, imprenditori come Riccardo Illy, maitres di sala come Stefano Gariboldi di Prada in Galleria anche il presidente onorario della Federazione Italiana Cuochi, Medaglioni Federico, uno degli “attori principali del film”, stretto amico di Marchesi, Giovanna Gregari di Illy…Felix Lo Basso, Antonio Ghilardi, il genero di Gualtiero Marchesi Enrico Dandolo, le figlie di Gualtiero Simona e Paola, anch’esse musiciste e amanti della musica, un filo rosso che ha sempre accompagnato la vita di Marchesi come quella degli artisti come Arnaldo Pomodoro, l’amore per Frank Stella, Lichtenstein, Lucio Fontana… Fonte d’ispirazione nell’arte culinaria ma anche nella scelta dell’arredo, dei vestiario, come le famose cravatte. Presente, naturalmente, Silvano Prada.
Perché Gualtiero Marchesi è così importante nell’hotellerie italiana? Perché è il primo, negli anni Settanta, a rivoluzionare la nostra cucina da semplicemente regionale a nazionale, dandole cioè una nuova identità: il raviolo aperto, il risotto con la foglia d’oro, la milanese a cubetti, gli spaghetti freddi al caviale e erba cipollina sono oggi piatti della tradizione, ma quarant’anni fa apparvero come una provocazione.
Milanese, figlio di albergatori (abitava in un’umile palazzina che era poi l’albergo su naviglio, milanese doc, appassionato di musica, il giovane Gualtiero è da subito un seguace delle armonie e della composizione, la cucina come estetica, oltre che come gusto. E’ anche per questo che si recherà in Francia per apprendere, così come sarà poi la volta del Giappone, luoghi deputati di questo sublime abbinamento. Oltralpe sarà la Maison Troigros, a Roanne, dell’omonima e pluripremiata famiglia, a permettergli quello stage che Paul Bocuse, non si sa se per invidia o per timore gli aveva negato: perché, appena trentenne, Gualtiero sa già quello che vale e dove vuole arrivare.
L’apertura, nella seconda metà degli anni Settanta, del suo ristorante in via Bonvesin de la Riva è insomma il punto d’approdo di un percorso e fa di quell’indirizzo un must di ciò che più tardi, un po’ spregiativamente, verrà definita “la Milano da bere”. Da Marchesi vanno tutti, dai politici come Craxi e Spadolini agli imprenditori come Agnelli e Berlusconi, ai teatranti come Strehler, agli scrittori come Testori, ai pittori come Cagli, Tadini, Baj, il gallerista Marconi…Fu proprio lì che lo conobbi grazie ai politici e fu lì che mangiai il primo risotto con la foglia d’oro. Allora lavoravo per la Rai. Vidi li per la prima volta anche Silvio Berlusconi..mi ci porto’ per al prima volta con uno stretto gruppo di giornalisti il sindaco Pillitteri, cognato di Craxi. In quella via stretta, a fianco della Chiesa che da su Corso XXII Marzo, Marchesi aveva aperto la sua scuola aperta ai giovani anche se non proprio a buon mercato dobbiamo dire. Erano tanti i ragazzi fuori dall’Odeon senza invito per l’anteprima, aspiranti cuochi, molti mi dicevano impossibilitati a frequentare la scuola del Maestro e a ripiegare proprio per motivi economici su altre. Sarebbe stato felice che a vedere il suo film, presentato a Cannes (lui riuscì a vederlo) a Milano sono accorsi Chef d’Oltralpe, anche loro protagonisti del suo docu-film. A mia figlia che fa la regista Martina e a mio figlio Lorenzo che fa lo Chef sarebbe piaciuto tantissimo.
Marchesi rivoluziona la cucina e quanto le sta intorno: piatti e bicchieri, posate e decorazioni. Rivoluziona anche l’abbinata mangiare-bere, anch’essa fino allora legata a uno stereotipo tosco-piemontese, Chianti e Dolcetto…E’ il nuovo che affonda le sue radici nel passato a far sì che anche i vignaioli si riscoprano e facciano del vino italiano un competitor oggi alle pari con i vignerons francesi. L’altro importantissimo elemento, infine, è quello dell’insegnamento, una vera e propria scuola che sfornerà uno dopo l’altro tutti i grandi nomi che oggi rendono grande la cucina italiana.
Nella serata coordinata da Enrico Dandolo, il genero di Marchesi che con le figlie di quest’ultimo, Simona e Paola, guida la Fondazione, si è visto altresì come il nome di Gualtiero si unisca a firme d’eccellenza: Illy e Ferrari, Enoteca Pinchiorri e Alessi, San Pellegrino, Villeroy &Bosch e Monograno, Calvisius Caviar e Canon. Il film è insomma un omaggio, affettuosamente e splendidamente girato, a un uomo gentile dal talento speciale.