LA CINETECA DEL FRIULI E IL PROGRAMMA A MILANO A CURA DI MAURIZIO CABONA

piccolo_alpino_elio_sannangelo_oreste_biancoli_002_jpg_xhfrLa rassegna “Il grigioverde in bianco e nero” (sala verde di palazzo Cusani, via del Carmine, Milano) – dedicata ai film italiani sulla guerra italo-austriaca 1915-18 e diretta da Maurizio Cabona, già critico de Il Giornale – si è aperta martedì 10 marzo con “Piccolo alpino” di Oreste Biancoli (1940) e continuerà fino a settembre con ingresso gratuito, prenotandosi all’indirizzo mail: rsvpcmemi @cmemi.esercito.difesa.it. Questi film sponsorizzati dalle Elior, azienda di ristorazione collettiva, sono proposti nella copia fornita dalla Cineteca del Friuli (Gemona del Friuli-Udine). Un tesoro che conserva la nostra storia di battaglie per l’indipedenza del nostro Paese, documenti da conservare e in continua restaurazione e che attraverso iniziative come questa vengono portati alla luce e fatti conoscere di citta’ in città.

A ispirare l’opera di Biancoli è il romanzo di Salvator Gotta, pubblicato per la prima volta nel 1925. La vicenda del film, che specie all’inizio si distacca da quella del romanzo, comincia in un ginnasio della Milano del marzo 1915, cioè nel clima di vigilia nel quale, sulle colonne dei giornali ma anche sulla piazze, in Italia si opponevano interventisti e neutralisti. Protagonista è un ragazzino senza madre e molto legato al padre, ex alpino. Credendo di aver perduto anche lui per una slavina, il ragazzino segue chi l’ha salvato dalla sciagura in montagna, anche questo un alpino. L’Italia entra in guerra il 24 maggio 1915 e il ragazzino riesce a seguire il militare fino al fronte…

Raro esempio di evocazione di quel conflitto uscita nei cinema mentre l’Italia entrava in un altro, “Piccolo alpino” unisce lo slancio patriottico dei personaggi adulti alle ingenuità leziose del ragazzino, prefigurazione di un balilla d’epoca fascista. Nel “Piccolo alpino” Il conflitto internazionale resta sullo sfondo rispetto alla vicenda personale, come accadrà anche nei film del decennio seguente, che – molto più numerosi – torneranno sulla guerra italo-austriaca nel periodo 1947-54: quello della crisi di Trieste. Ricostruire grandi scene di battaglia è costoso e il cinema italiano, con rare eccezioni, è fatto al risparmio. E gli incassi si fanno, in ogni epoca, attirando soprattutto il pubblico femminile anche verso i film a tematica virile.

 

Gli altri film della rassegna “Il grigioverde in bianco e nero”, le cui proiezioni avverranno al ritmo di due al mese in date che saranno comunicate a chi avrà lasciato il proprio recapito all’indirizzo mail indicato sopra – sono:.

Guai ai  vinti! di Raffaello Matarazzo (1954). Una villa veneta viene occupata dagli austriaci nell’ottobre 1917. Due sorelle vengono violentate. Esse poi fuggono e si rifugiano a Verona. Ma sono incinte. La loro condizione induce una ad abortire, l’altra a partorire, scontrandosi col pregiudizio di chi considera lei una depravata e il bambino “il figlio del nemico”….

Il caimano del Piave di Giorgio Bianchi (1950). Finito il liceo, una ragazza torna a San Donà di Piave dal padre, colonnello del Regio Esercito italiano, che le annuncia il matrimonio con una straniera. E’ il 1915. Mentre l’Italia entra in guerra contro l’Impero austro-ungarico, un giovane triestino, già compagno di studi della ragazza, passa le linee e s’arruola nei bersaglieri italiani. Dopo la sconfitta di Caporetto, San Donà è occupata dal nemico: la villa della famiglia della ragazza diventa sede del comando austriaco, mentre la matrigna si rivela spia degli austriaci…

La campana di San Giusto di Mario Amendola e Ruggero Maccari (1952). Sposato alla figlia di un irredentista, un giovane triestino è chiamato alle armi dall’esercito austro-ungarico. Per non vestire quell’uniforme, passa il confine italiano. La villa della moglie è intanto requisita dal comando austriaco. Ormai nel Regio Esercito italiano, il giovane si vede affidare il compito di distruggere due navi da trasporto nel porto di Trieste. Compiuta l’impresa, ma rimasto ferito, il giovane raggiunge la villa di famiglia, dove prende contatto con un altro patriota italiano, che veste però l’uniforme austriaca…

Gloria di Anonimo (1921). Documentario sul trasferimento del Milite Ignoto fino all’Altare della Patria. Tra il 28 ottobre e il 4 novembre 1921, seguiamo il percorso con riprese fatte a Trieste, Aquileia, Grado, Udine, Codroipo, Pordenone, Sacile, Conegliano, Venezia, Montegrotto, Pontelagoscuro, Ferrara, Firenze, Arezzo, Orvieto, Roma. Ovunque, lungo i binari, nelle stazioni, il popolo rende omaggio alla salma, simbolo del sacrificio di centinaia di migliaia di combattenti.

Le scarpe al sole di Marco Elter, (1934, dal romanzo di Paolo Monelli). Un veterano della guerra in Libia e due giovani, di cui uno appena sposato, sono chiamati alle armi per difendere i confini della patria italiana. Li aspettano assalti, ritirate, vita di trincea. Il veterano perirà da eroe, gli altri due torneranno, dopo la vittoriosa battaglia, alle loro case per raccontare.

Trieste cantico d’amore di Max Calandri (1954). Nel 1953 un militare americano d’origine italiana, appartenente alle truppe d’occupazione di Trieste, conosce una signorina della città e se ne innamora. Ma la nonna della ragazza è ostile a questo legame. Retroscena: tra 1914 e 1915, il padre italiano di quel militare americano era in missione segreta a Trieste. Lì s’era innamorato della figlia del capo dei patrioti triestini, che preparavano l’insurrezione. Scoperta dagli austriaci la congiura, il capo degli irredentisti triestini era stato condannato a morte. Il giovane militare italiano era invece riuscito a fuggire…

I cinque dell’Adamello di Pino Mercanti (1954). Le salme di cinque alpini, caduti sull’Adamello nella guerra contro l’Austria-Ungheria, sono ritrovate intatte in un ghiacciaio dopo quarant’anni. Li comandava il giovane tenente, inventore che sognava il successo. Erano con lui: il suo attendente, un cameriere d’albergo, vedovo con una figlia; un contrabbandiere; il precettore di un collegio, dannunziano convinto; uno scalpellino socialista. Nel 1954, della spedizione per il recupero delle salme fa parte un giornalista socialista, che irride il sacrificio dei caduti…

La nemica di Giorgio Bianchi (1952), dal dramma di Dario Niccodemi. Una duchessa ha allevato, insieme a suo figlio Gastone, il figlio che il marito ha avuto da un’altra. Morendo, il duca le ha fatto giurare di tener segreta l’origine del ragazzo, da tutti creduto il figlio maggiore della coppia e da tutti amato per le sue doti. Ma la duchessa non vuole che il figlio di un’altra tolga al suo titolo e beni. Viene la guerra: i due ragazzi partono, ma uno solo torna…

 

Un anno di scuola di Franco Giraldi (1977), dal racconto di Scipio Slataper. Trieste, autunno 1913: arriva la riforma scolastica del governo austro-ungarico, che apre alle donne i licei maschili. La prima studentessa proviene da Vienna. S’invaghisce di un compagno, lettore della Voce, piccola ma influente rivista fondata e diretta in Italia da Giuseppe Prezzolini. Tra i due ragazzi nasce un sentimento, che si sviluppa tra esitazioni proprie e invidie altrui. Intanto la crisi europea, che porterà all’attentato di Sarajevo (28 giugno 1914) e all’ultimatum austriaco alla Serbia, si manifesta proprio quando, per questi ragazzi, giunge l’esame di maturità. Attratta dalla psicoanalisi, la ragazza resta estranea alla determinazione dei suoi compagni di varcare la frontiera per arruolarsi nel Regio Esercito italiano…

 

Cavalcata di mezzo secolo, di Luciano Emmer (1952). Dal regicidio di Monza all’anno santo 1950, un documentario sulla storia dell’unità nazionale nel ‘900, con due guerre coloniali (Libia e Etiopia) e due mondiali, intervallate da altri conflitti importanti, come quello in Spagna (1936-39). Agli occhi altrui, che vorrebbero la sua partecipazione al conflitto in Corea (1950-53), l’Italia è un Paese con notevoli tradizioni militari…

 

Cortometraggi di Luca Comerio (1915-18). Nel 1915, per l’esperienza e fama acquisite come operatore cinematografico nella conquista della Libia nella guerra italo-turca del 1911-12, Luca Comerio ottiene il brevetto per riprendere i campi di battaglia anche della guerra contro l’Austria-Ungheria: è il solo, coi suoi aiutanti, che ha questo privilegio. Nel 1917, dopo Caporetto, si costituisce la Sezione cinematografica del Regio Esercito, che assume il monopolio delle riprese. Comerio ne diviene direttore tecnico e nel 1918 filma l’entrata dei cavalleggeri a Trento e il tricolore che si alza sulla città.


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