LA FEMMINILIZZAZIONE DEI NOMI E DEI MESTIERI. L’ACADEMIE FRANCAISE SEMPRE ANTICIPA
Riprendo il testo in parte di un collega per raccontare un fatto alquanto significativo e curioso di carattere culturale, alla base del linguaggio e dei significati ad esso apllicati. “Il rapporto sarà presentato ai membri dell’Académie française giovedì sette marzo: lo si potrà emendare e poi lo si dovrà votare. Riguarda la “femminilizzazione” dei nomi dei mestieri, ma fra i trentacinque “immortali” che la compongono non c’è né un filologo né un linguista e le donne sono appena quattro. Presieduta dall’ottantasettenne Gabriel de Broglie, la commissione incaricata del problema vede però presenti due scrittrici, DanièleSalleneve e Dominique Bona e un poeta d’origine britannica che risponde al nome di Michael Edward…..”.
Già in passato l’Acadèmie si era occupata del problema, sulla scorta della “fuga in avanti” al femminile di alcuni Paesi francofoni, il Canada in primis. Allora si era limitata ad augurare loro buona fortuna e insieme a dichiararsi contraria a ogni “barbarismo” che forzasse la struttura linguistica. Del resto, e per fare solo qualche esempio, da anni la Francia convive con la pharmacienne a fianco del pharmacien, con l’aviatrice che si alterna alla cloche con l’aviateur, con l’avocate che si spartisce i casi con l’avocat…L’uso della lingua insomma ha le sue ragioni che la ragione della lingua ha finito con il fare proprie e ciò a cui più che altro dovrebbero badare gli accademici di Quai Conti è di non sbracare con neologismi grammaticalmente infami.
Fondata da Richelieu, l’Acadèmie è, va da sé, un pezzo glorioso di storia di Francia e non saremo certo noi a negarne il prestigio e l’allure. Visto però il clima di tensione sociale, economica, politica che si respira oltralpe, l’intero dibattito rischia di assomigliare a quello sul sesso degli angeli che, secondo la vulgata, attanagliò Costantinopoli prima che venisse conquistata e saccheggiata. Più in particolare, considerando lo stato di perenne agitazione che scuota la scuola francese, dove studenti e professori sono uniti nello sforzo di contrastare ogni progetto macroniano di riforma, viene da domandarsi se e quanto questa querelle al femminile possa proiettarsi nelle aule scolastiche.
Si dirà che è comunque una questione di eguaglianza, il sentimento a cui i francesi tengono di più da quando con la Rivoluzione dell’89 misero sanguinosamente fine ai privilegi nobiliari. Ma è comunque un dato di fatto che da un quarantennio a questa parte, via via che la sinistra intellettuale e di governo si spostava dai bisogni del popolo ai diritti dei singoli, il vento del “politicamente corretto” ha finito con il confondere i problemi con i proclami. Anche qui la storia dovrebbe insegnare qualcosa e se a Maria Antonietta non perdonarono l’aver pensato che le brioche potessero sostituire il pane, sembra difficile pensare che le donne francesi “en colère perché “ ench^omage”, ovvero senza lavoro, possano sentirsi realizzate all’idea di potersi comunque declinare al femminile lavorativo per un lavoro che non c’è nemmeno al maschile. Nuovi termini a volte grotteschi hanno sostituito l’eleganza e il vero significato delle parole. Piano piano andremo con il perdere ogni cosa…anche la nostra testa!