L'altra faccia del Festival: le donne ostinatissime di Emma Dante e Kerouac e Ginsberg agli esordi. Donna Margherita B. intanto ritira un Premio.

Anime contro. Il fim “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante inizia con una scena insolita. L’anziana Samira è sdraiata sulla tomba della figlia attorniata da cani randagi anche essi su tombe vuote. Ciascuno è in fondo il cane del suo “nulla” e la solitudine e insieme l’ostinazione di Samira sono una metafora di una Sicilia in cui nulla cambia e tutti combattono la guerra per la sopraffazione. Interpretato dalla stessa regista nei panni di Rosa, da Elena Cotta Oliviero in quelli di Samira e da Alba Rhorwacher, il film in concorso racconta uno scontro al femminile tra due generazioni accomunate dallo stesso odio-amore per il luogo in cui vivono, una Palermo sporca, degradata, dove la modernità di cellulari, auto e televisori la fa da padrona, ma la dignità individuale si è ormai persa.

Autrice di teatro Emma Dante è al suo primo film, ma riesce ugualmente a fare sequenze di ampio respiro con una telecamera che sa cogliere bene, facce, luoghi, situazioni. Una narrazione che vuole mettere in evidenza l’impotenza di un mondo che ha perso le coordinate del vivere civile.

Come già avevo annunciato, il film “The Canyons”, ritratto da un cultore dell’eros Paul Schrader, narra la scalata a Hollywood di un ex pornodivo. E’ interpretato da James Deen che è un vero attore hard. Mentre, stando sul tema, “Istintobrass” è l’omaggio al sesso più godurioso e sano del regista di “La chiave” (interprete principale la brava Sandrelli). La virata libidinosa di Venezia ’70 è comunque solo all’inizio, deve ancora essere proiettato “Under the skin” dove Scarlett Johanson veste i panni di un aliena sessualmente sfrenata e ancora “Moebius” di Kim-Duk che racconta l’incesto tra madre e figlio con tanto di evirazione paterna.

Di tutt’altra razza il film di John Krokidas, “Kill yours darling”, la storia della Beat Generation quando era ancora in erba e tutti erano al college, succede un episodio determinante: l’uccisione di un professore alla Yale da parte di uno dei ragazzi del gruppo che cementerà la loro amicizia ( Lucienn Carr nei panni di Dane De Han) alimenterà però future nevrosi e sensi di colpa. Nella parte di Allen Ginsberg spicca il giovane attore che fu il maghetto di Harry Potter, Daniel Radcliff; mentre Ben Foster nelle vesti di Borrougs porta a conoscenza il “vecchio maghetto” delle poesie di Rimbaud e lo inizia alla droga. Nel cast John Turturro e Hank Azaria. Curiosa la ricostruzione e per i giovani direi che è un film da non perdere.

Al tutto si aggiunge anche il restauro di “Non eravamo solo ladri di biciclette” di Gianni Bozzacchi scritto a quattro mani con Carlo Lizzani che interpreta se stesso e racconta che cosa fu veramente il neorealismo italiano, le sue luci e le sue ombre, la volontà di raccontare un Paese sconfitto, ma ancora pieno di voglia di vivere e di riscatto, la grande stagione del cinema nazionale, erede comunque delle glorie di Cinecittà e della prima mostra cinematografica al Mondo, quella di Venezia, nasce con Rossellini, De Sica, Rosi, Lizzani stesso, Germi a cui seguirà la straordinaria fioritura degli anni Cinquanta e Sessanta quando purtroppo l’ideologia renderà sempre più asfittica la voglia di raccontare e di capire.


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