LIBRO CARLO PIANO PRESENTA LA SUA ULTIMA FATICA “IL TORTO” A MILANO LUNEDI’ 15 MAGGIO AL LIBRACCIO DI VIA VITTORIO VENETO 22. A MILANO, ANCORA E A SEGUIRE IL 25 MAGGIO ALLA LIBRERIA I BAFFI VIA LEPONTINA 13 SEMPRE ALLE 18
Fra i tanti casi di cronaca nera che hanno insanguinato, è il caso di dire, l’ultimo quarto di secolo, quello di Donato, “Walter ”, Bilancia, è uno dei più emblematici e bene ha fatto Carlo Piano a metterlo al centro del suo ultimo libro, Il torto (edizioni e/o, 265 pagine, 18, 50 euro).
Piano appartiene di diritto a quelli che si possono definire i “cronisti di razza”, con un cursus honorum che spazia dai maggiori quotidiani italiani ad apprendistati oltre oceano quali il New York Times. Da anni ha altresì intrapreso un’attività di scrittore tout court, con libri di viaggio quali Atlantide, firmati in combutta con il padre, l’architetto Renzo Piano, a romanzi-reportage quali Il cantiere di Berto, ovvero tragedia e rinascita del ponte Morandi di Genova… Con Il torto ritorna però alla sua passione d’origine, ovvero la capacità di immergersi totalmente nelle pieghe psicologiche e reali di vite sconfitte dalle vita stessa e però al contempo ancora capaci di reazioni rabbiose, al limite dell’umano e oltre l’inumano, quei vortici del dolore e dell’assurdo che sogliono contrassegnare il male, o se si vuole l’inferno, che su questa terra può configurarsi. Non a caso Il torto ha come sottotitolo “Diciassette gradini verso l’‘inferno”, ovvero il conto numerico dei delitti che in un breve arco di tempo, nemmeno sei mesi, contrassegnò l’esistenza terrena del loro protagonista.
Fra i serial killer di cui si ha conoscenza e che, per restare al nostro Paese, rappresentano più un’eccezione che una realtà, Donato Bilancia resta un caso senza spiegazione, un enigma e insieme un emblema di quella banalità del male di fronte alla quale restiamo sconcertati e senza risposta. Per cercare di trovare un filo conduttore, Piano si è gettato a capofitto in quelle che sono più di 90mila pagine di verbali che abbracciano oltre 65 faldoni di documenti e oltre ottanta fascicoli di intercettazioni telefoniche, un insieme insomma di atti giudiziari che condussero alla fine a una condanna per un totale di tredici ergastoli. Catturato nel 1998, condannato nel Duemila, Bilancia è morto in carcere nel dicembre del 2020, una morte in solitudine per una malattia, il Covid, accettata con fatalismo e quindi con tanto di rifiuto delle cure. Dietro le sbarre, aveva fatto in tempo a prendersi una laurea, lui che non era mai andato oltre la terza media, e non è dato sapere se si sia mai pentito di ciò che aveva fatto. Più il tempo passava, infatti, e meno il ricordo di quei tragici fatti tornava in superficie, il che per uno come lui dev’essere stata una amara legge del contrappasso. Alla fine, l’unico modo per far sapere agli altri della sua esistenza, ovvero l’uccisione in serie di altri esseri umani, si era rivelato un modo come tanti altri, presto superato da altri delitti, altri orrori, altri “geni del male”…
Il fascino maggiore di Il torto è nella capacità che ha Piano di restituire una mente alterata senza indulgere né nello psicologismo d’accatto né nella più o meno compiaciuta descrizione di ciò che allora accadde. Per chi non ricorda quel tragico semestre della fine degli anni Novanta, basterà ricordare che in arco di tempo così breve Bilancia mise a segno 17 omicidi, avendo come bersaglio le persone più disparate: prostitute, benzinai, agenti della sicurezza privata, cambiavalute, negozianti…Con qualcuno c’era una conoscenza pregressa, ma nell’insieme si può parlare di una sorta di raptus, l’irrompere improvviso della violenza fine a sé stessa. Per quanto Bilancia, negli anni a seguire, sia stato prodigo di spiegazioni, ricostruzioni, analisi comportamentali, il delirio narcisistico di chi non si rassegnava a farsi da parte mas sempre e comunque voleva recitare sulla scena il ruolo del protagonista, ciò che emerge dal libro è una mente disturbata, dove l’infanzia infelice o i rovesci della vita non sono però mai tali da giustificare ciò che avverrà in seguito e quindi si resta sempre e comunque attoniti rispetto all’escalation di violenza di cui Bilancia sarà protagonista. Nemmeno la sua vita di piccolo malavitoso, ladro di appartamenti, nottambulo della suburra genovese, giocatore incallito, ma sempre comunque ai margini del gioco d’azzardo in grande stile riesce a spiegare il perché di quella spirale, di quella discesa agli inferi fatta oltretutto disseminando intorno a sé gli indizi che ne avrebbero permesso la cattura, come se più o meno inconsciamente egli stesso cercasse qualcuno che risolvesse il problema dal di fuori, fermandolo una volta per tutte. Piano è altresì bravissimo a darci un quadro d’insieme di quel sottobosco della Liguria, fra capoluogo e provincia, più autunnale che estiva, dove ancor’oggi viaggia una sorta di malavita sopravvissuta a sé stessa e al periodo che la generò, ovvero nata e cresciuta negli anni Settanta con un suo retroterra anarchico, con la passione per le armi e per le donne, il denaro facile, la violenza gratuita, l’alta considerazione di sé stessi nel nome dell’azzardo e della parola data.
Ma il giornalista e scrittore Carlo Piano , figlio di Renzo Piano, archistar internazionale, non si è fermato qui: ha presentato al Museo Internazionale Italia Arte di Torino, “Alla ricerca di Atlantide”. E’ stato anche responsabile stampa della Fondazione di Renzo Piano….”Mio padre Renzo gira sempre con il metro e da piccolo mi misurava anche il naso”, ha raccontato in una intervista a Lorenzo Cresci. Con Carlo ho lavorato a Il Giornale e da normale redattore a Genova era alla direzione della Cronaca di Milano.