LUCA BARBARESCHI FESTEGGIA 40 ANNI DI CARRIERA "CERCANDO SEGNALI D'AMORE NELL'UNIVERSO" AL TEATRO MANZONI DI MILANO

“Cercando segnali d’amore nell’universo”. Questo è il titolo scelto da Luca Barbareschi per la sua ultima fatica semi-autobiografica sul palcoscenico, accompagnato dalla band di Marco Zurzolo, compagno di tante avventure artistiche e musicali.

Un po’ ingrassato, ma sempre dal sorriso accattivante e da un agilità fantastica per un magnifico settantenne, Barbareschi ripercorre la sua vita alternando ricordi antecedente alla sua nascita fino da quando era un bimbo per arrivare al suo formativo viaggio in America.

Un viaggio che dal cinema lo fece avvicinare al teatro. Un padre severo che gli ha insegnato meticolosamente tante cose, ma forse che non gli ha dato tutto l’amore che si aspettava; la sua adolescenza è stata anche segnata dalla separazione dei genitori e dal un triste episodio che non è nuovo a chi conosce l’artista, un abuso sessuale da parte di un sacerdote che aveva colto il bisogno di attenzione in un bambino allevato dalle zie. Un’adolescenza dunque segnata da momenti di dolore ma anche di divertimento e da qui nascono numerosi racconti che barbareschi trasforma in scena in vere pièces teatrali tra il comico e il grottesco, moderne nello stile del racconto, gaberiane per intenderci e quindi ricche di mimica. Sul palco tre custodie di chitarra, un pianoforte a coda, una batteria, un sax e mi pare un  clarino. Dalla sua di chitarra Luca si è staccato poche volte, segno che con quella si è consolato e divertito tante volte.

L’intelligenza è stata quella di spezzare i propri racconti di vita con i versi dei più grandi autori di teatro e di coloro che hanno segnato la letteratura mondiale. L’Enrico V, Riccardo III (Shakespere), il Principe di Salina del Gattopardo, Eschilo, David Mamet (autore e drammaturgo americano), Evtushenko (poeta russo), James Taylor (cantante), il grande Jazzista Bill Evans, sono i suoi compagni di scena, qui a Milano fino all’8 marzo per poi proseguire la sua tournée.

Carica di un disperato ottimismo ogni giorno Barbareschi dice di continuare a credere nel teatro perché in fondo “l’unico vero atto veramente rivoluzionario è fare bene il proprio mestiere”.

Sposato più volte, con figli da mogli diverse (molti si ricorderanno il matrimonio Lucrezia Lante della Rovere), dopo un tentativo di fare la famiglia allargata, Barbareschi dopo una lunga fase di riflessione personale ha incontrato per Roma passeggiando da “flaneur” il suo angelo custode. Quella che ora è la sua compagna che lo ha rinnovato e gli ha fatto perdere cattive abitudini rimettendo “il baricentro in asse con il mondo”. Anche io vorrei incontrare un Angelo, per ora di Angelo conosco solo mio fratello più per nome che di fatto, non che non mi voglia bene.

Ma torniamo al teatro dove Luca si sente a suo agio e dove con energia e impegno, fantasia e amore realizza se stesso e diverte e fa riflettere anche il suo pubblico sul bene e il male della vita, ciò che più ci tenta e ciò che più ci condanna a un destino comune, a volte banale. Insomma senza veli si immerge in un’utopia teatrale tra viaggi reali nel passato e nel presente e con qualche scorribarribanda proiettandosi in un futuro di puro ottimismo. La politica certo lo ha deluso: dalle file di Alleanza Nazionale per poi passare a Forza Italia…

Casanova Teatro questo spettacolo con Marco Zurzolo 5tet (al sax), Mario Nappi (al piano); chitarra e voce, Antonio Murro, mentre al contrabbasso  e al contrabbasso Diego Imparato. Alla batteria, Gianluca Bugnano. La regia è di Chiara Noschese (figlia del grande imitatore). Insomma, stiamo parlando di uno spettacolo emozionante come la vita di chi ha il coraggio di sognare. Sulle note Mozart e di Chico Barque il nostro Barbareschi compie 40 anni di carriera tra saltelli, pirolette e un po’ di fiato corto. Colpa forse anche di quel maledetto  microfono con auricolare che storpia la voce degli attori, il vero timbro vocale e fa strascicare le “s” e le “z”. Il Teatro Manzoni di Milano ha così una bella acustica che non c’è bisogno di mezzi tecnici per portare la voce. Tempi moderni.

Mio cognato e mia sorella lo conoscevano bene. Mio cognato, Maiocchi fotografo, ha immortalato tutta la sua famiglia e le feste quando c’era lui erano sempre piacevoli…


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