UNA MOSTRA FOTOGRAFICA DI BOB KRIEGER RIPERCORRE LA STORIA CON I VOLTI CHE HANNO SEGNATO I NOSTRI TEMPI AL SERRONE DELLA VILLA REALE DI MONZA
Da più di mezzo secolo Bob Krieger racconta una particolare geografia dell’anima italiana attraverso i suoi volti e i suoi nomi più rappresentativi, dalla A di Gianni Agnelli e famiglia alla Z di Franco Zeffirelli. Ciò che lo ha sempre guidato in questa ricerca sono gli sguardi, che la sua macchina fotografica svela anche ai diretti interessati, e le mani, rappresentative e rivelatrici dei sentimenti più profondi e, per certi versi, emblema della stessa condizione umana. In questo Krieger è d’accordo con un altro “grande vecchio”, Jean-Luc Godard, che all’ultimo Festival di Cannes ne ha raccontato, nel suo Le Livre de Images, la centralità, equiparando la manualità del fare alla estrinsecazione del pensiero.
Adesso che all’Orangerie della Reggia di Monza è stata allestita questa personale dal titolo Bob Krieger. Sguardi del pensiero e dell’anima (sino al primo luglio, a cura di Piero Addis), il visitatore ha modo di verificare quanto appena detto attraverso gli oltre cento ritratti in bianco e nero esposti, una cavalcata fra passato e presente, emozionante e coinvolgente: volti amati e scomparsi (da Gaber a Olmi, da Rita Levi Montalcini a Ferré, a Versace); volti che raccontano le tante eccellenze del nostro Paese, nella moda, nella cucina, nel giornalismo, nell’editoria, nell’architettura.
Nato ad Alessandria d’Egitto, padre prussiano e madre siciliana, nipote di Giuseppe Cammarano, uno dei grandi pittori della scuola napoletana, Krieger incarna in maniera mirabile la creatività mediterranea e il rigore mitteleuropeo. E proprio questo connubio a permettergli l’utilizzo severo del bianco e nero da un lato, la freschezza emotiva dei soggetti dall’altro, mai in posa, mai mezzi busti dell’ufficialità, ma sempre creature vive che si prestano al gioco voluto dal fotografo, gli si concedono fiduciosi e ben sapendo che non verranno mai traditi. Da anni conosco Bob, lo stimo e tanto mi piacerebbe che rifacessi i corsi tenuti al circolo filologico di Via Clerici. Lo andavo a trovare anni fa a Forte dei Marmi con i miei figli nel piccolo e delizioso albergo in stile Inghilterra, il Byron.
Nelle sale dell’Orangerie, ristrutturate dall’architetto Franco Albini (cui si deve anche il restauro dell’intera Villa Reale di Monza, in particolaare la facciata che da sul bel gairdino, dai toni elganti bainchi e grigi come in originale), sfilano dunque i principi del Made in Italy nella sua accezione più ampia: il volto ironico di Giorgio Forattini, quello pensoso di Roberto D’Agostino, il sorriso divertito di Fiorello o di Buffon, quello complice di Natalia Aspesi o di Enzo Biagi. A introdurli è il ritratto in coppia dello stesso Krieger con Francesco Cossiga, il “caro presidente” che funge da fil rouge “fra tutte le persone che hanno vissuto il nostro passato, presente e futuro con la rettitudine che le nostre coscienze ci dovrebbero aver insegnato”.
Come nota Piero Addis, curatore della mostra nonché direttore generale della Reggia di Monza, siamo di fronte “a una sorta di genoma dell’intelligenza creativa” che Krieger traccia “attraverso la lente del suo obiettivo”, una potenza ritrattistica “che costringe lo spettatore a immaginare i colori e le sfumature cromatiche ed emotive”.