NO PUTIN. NO WAR. NO NATO. QUANTO CI COSTA LA GUERRA? ANCHE BORIS JOHNSON..MACRON HA ATTACCATO IL GOVERNO CHE NON SI PRENDE IN CASA I PROFUGHI UCRAINI PER ALMENO UN ANNO. DRAGHI AFFERMA CHE LE CONSEGUENZE ALLE SANZIONI PESERANNO A LUNGO. ARRIVA UNA NUOVA AUSTERITY IN ATTESA CHE GAS E PETROLIO ALTERNATIVO ARRIVERA’ SUI NOSTRI MERCATI. PERSA OGNI PROSPETTIVA ECOLOGICA CHE COINVOLGEVA LA RUSSIA FINO ALLA CINA. I PAESI SONO UNITI. LA NATO SEMBRA AGGRESSIVA MA FA PACE CON IL VENEZUELA DI MADURO…
No Putin, no Nato, no War…migliaia i cortei in tutte le citta’ dell’Europa e in qualche parte del mondo. A Mosca i manifestanti vengono arrestati. In 11 mila sono finiti in prigione o abbandonati in qualche campo…Cosa ci costa la guerra? Iniziamo con il capitolo..energia…che con le nostre bollette, privati, industrie…
Il bello è che rischiamo pure di rimanere al buio. Duro colpo anche al turismo e all’Export. Oggi i pescatori hanno scioperato e andranno al Ministero della salute a portare le proprie rimostranze. Pescare pesce, ma tanto che va sui mercati, nelle case, nei supermercati, ei ristoranti…con il caro carburante vanno in pari e rischiano la vita tra tempeste e incidenti del mestiere.
Intanto proseguono i missili e glia attacchi con carri armati ma anche casa per casa uccidendo anche donne e bambini…un esodo mai visto…
Fra le possibili incarnazioni degli anni Venti in Germania, quando la Repubblica di Weimar sta per finire e il nazionalsocialismo si prepara a trionfare, la più iconica è la Marlen Dietrich dell’Angelo azzurro, cappello a cilindro e calze a rete; la più spensierata è la vita di Ruth Landshoff, ebreo-tedesca, attrice, ballerina, giornalista, scrittrice, nobildonna e donna di mondo; la più cupa è l’esistenza di Gottfried Benn, medico e scrittore, una moglie morta, una figlia lontana, un fratello in carcere, un’amante che si è appena tolta la vita: “E’ morta di me, come si suol dire, o per causa mia”.
Ognuna a suo modo, smentiscono nell’insieme l’idea corrente che in quel decennio il cuore fosse soltanto un muscolo e il romanticismo nient’altro che un relitto confinato nell’Ottocento aristocratico e borghese. Era un decennio che si voleva cool, la freddezza a ogni costo, il pittore Max Beck
mann che si ritrae impassibile in smoking, Ernst J”unger che imperturbabile osserva il mondo avvolto nel suo colletto di pelliccia e chiede “una letteratura sottozero”, Otto Dix nei panni di un esploratore polare, George Grosz che paragona il suo animo a una “banchina artica”, Bertold Brecht con i suoi giacconi di cuoio e la sua “lode alla freddezza”. Come riassumerà Lisa Matthias, l’amante in carica dello scrittore Kurt Tucholsky: “Eravamo tutti figli della ‘pace fredda’ tra le due guerre, tutti così, appunto freddi, indifferenti a ogni cosa, perché sapevamo che un giorno, presto o tardi, sarebbe tutto andato a rotoli di nuovo”. Eppure, in quella gelida attesa, che sarabanda indiavolata di amori e di intrecci, di suicidi per amore e di fughe d’amore, di sfrenatezza dei sensi, certo, ma sempre e comunque nella speranza di trovare un porto dove approdare, al sicuro e insieme pacificati. Sarà stato anche vero che, come ammoniva da vecchio Sigmund Freud, “la sessualità è una delle occupazioni più pericolose per l’individuo”, ma è il sentimento a tenere banco in quello che è per eccellenza il decennio più decadente di un Novecento che sembrava voler demolire ogni coordinata etico-estetica. Come riassumerà Erich Marie Remarque, l’autore di Niente d nuovo sul fronte occidentale: “Siamo figli di un’epoca confusa, abbiamo tutti nel cuore così poco amore per noi stessi, così poca fiducia in noi -troppa audacia e troppo poca speranza. Ottusi soldatini della vita, figli di un’epoca confusa con un sogno, a volte, la notte”. Eppure, più che al disincantato Remarque è al tragico Benn che conviene prestare orecchio: “Chi parla di vittoria? Conta reggere l’assalto”. E ancora: “Vivere è gettare ponti/sul dileguare di correnti”.
In L’amore al tempo dell’odio (Marsilio, traduzione di Francesco Peri, 375 pagine, 19 euro), Floriana Illies costruisce un ambizioso quanto esaustivo mosaico di un’epoca di fermento, incerta sul proprio futuro, in fuga dal proprio passato, condannata a un presente da bruciare fra prese di posizione e compromessi, matrimoni fittizi e matrimoni d’amore, avventure, droghe ed ebbrezze, drammi, lutti e illusioni perdute. Pur se il centro nodale del libro è Berlino, i suoi caffè, il suo cinema, la sua musica, i suoi vizi, molti, le sue virtù, meno numerose e soprattutto meno esibite, Illies spazia da Parigi a Capri, dalla Costa azzurra alla Costa basca e affianca alla schiera di nomi celebri e di nomi dimenticati di quella Germania che nel 1933 si schianta contro il muro di cemento del nazismo, il plotone non meno folto di protagonisti inglesi e francesi, americani e spagnoli, da Picasso a Henry Miller, da Salvador Dalì a Jean Paul Sartre, a Hemingway a Scott Fitzgerald. Ne viene fuori una sorta di romanzo corale, a volte persin troppo affollato, e dove il 1933 segna appunto lo spartiacque fra un prima e un poi, quando gli anni ruggenti lasciano il posto ai roghi dei libri, le fughe d’amore diventano espatri clandestini, l’andare all’estero e il restare in patria si trasformano in scelte esistenziali e insieme in scelte politico-ideologiche.
Costruito in un incessante cambiamento di protagonisti e di scenari, con un filo conduttore tropo esteso, “una storia sentimentale degli anni Trenta” recita il sottotitolo, perché il lettore ne possa agevolmente tenere in mano un capo, forse il modo migliore per rendere conto della sua complessità è seguire una sola delle sue storie, paradigmatica nel suo essere lo specchio di tante altre e tuttavia unica nel tipo di scelte che in essa viene fatta, a testimonianza di come le individualità abbiano comunque il loro peso. Sotto questo aspetto, esemplare è quella del già citato Benn, per tutta una serie di motivi che qui di seguito, sia pur brevemente, cercheremo di raccontare.
Il primo elemento distintivo è l’età. Gli anni Venti che nel 1929 hanno il loro corto circuito con il Venerdì nero di Wall Street, vedono un Gottfried Benn quarantenne: non sono troppi, ma in un decennio che brucia la giovinezza con velocità impensata e dove si diffida di chi ha appena raggiunto i trenta ( sarebbe il caso della Dietrich, ma saggiamente lo tiene nascosto…), sono più che sufficienti per uno che ha trasformato il suo ambulatorio medico in abitazione e lo ha definito “il suo ospizio per la terza età”. Un secondo elemento è che Benn, più che essere un reduce della Grande guerra, ce ne sono molti, ce ne sono troppi, è stato “un precursore” di tutto quello che è avvenuto dopo, morte, sesso, patologie, espressionismo poetico, il che però non ne fa un contemporaneo, ma un uomo del passato, fulgido, certo, ma lontano e/o estraneo rispetto al presente. Aver visto le cose con troppo anticipo è spesso una condanna: non ci si appassiona più, non si ha più voglia di intervenire. Benn lo sa, ma lo sanno anche quelli che, arrivati dopo, vogliono essere loro i moderni interpreti del loro tempo. Al momento di tirare le somme su cosa sia stato per lui quel decennio, lucidamente Benn annota nel suo diario: “Vergogna infinita per il mio declino”.
Il terzo elemento, il più drammatico, se si vuole, è che Benn dalla Germania non se ne va. La cosa provoca la meraviglia e poi lo sdegno dei suoi ammiratori, in primis Klaus Mann, il disordinato quanto infelice figlio di Thomas Mann, antinazista sin da subito: come fa a restare in un Paese divenuto una prigione di cui Hitler è il carceriere? La risposta di Benn è orgogliosa e insieme ambigua: “Questo è il mio popolo” dice, in Germania “la storia è in muta”, mentre non è che sia “particolarmente attiva sulle spiagge francesi” dove Klaus Mann ha trovato rifugio.
Fra i due, quello che ha l’occhio più sicuro è Mann, i nazisti, è la sua profezia, “ripagheranno” Benn “con l’ingratitudine e il dileggio”, ma nell’autobiografico Doppia vita quest’ultimo cecherà di razionalizzare il perché di quel suo essere rimasto. Allora, dice, emigrare era stata una scelta personale, non politica, “non una fronda” antihitleriana, più “un’evasione che un’azione”, e nel 1933 c’era un governo considerato legale, un parlamento, qualcosa come ventitré partiti e quanto a lui, non aveva mai avuto “niente a che vedere con la politica”…Anche noi, continua, “avevamo i nostri ripensamenti interiori, le nostre speranze, abbiamo dovuto lottare contro i nostri dubbi e abbiamo pagato le nostre disfatte interiori ed esteriori”…Per farla breve, Benn resta, ma già nel 1933 viene escluso dalla lista dei medici autorizzati a rilasciare certificati, già nel 1935 ha scelto l’esercito come “forma aristocratica dell’emigrazione”, già nel 1936 il nazismo gli rinfaccia proprio quel suo essere rimasto: “Maiale-porcheria-peto-porcheria contro natura, vattene una buona volta, dove stanno i tuoi compagni, Kerr, Tucholsky, K”astner”. Mentre lascia Berlino, il suo studio, i suoi amori, annota nel suo diario: “Completamente esaurito, svuotato, urgente bisogno di un cambio d’aria”. Il suo mantra, scrive Florian Illies, è “scrivi poco e piangi in sogno”…E però, proprio allora, ritorna la poesia, ed è una poesia d’amore, “d’una purezza addirittura sublime” dice ancora Illies: “Sulle tue ciglia spolvero sopore/Sulle tue labbra semino dei baci/Mentre il peso della notte, del dolore/ Porto da solo, e di sogni fugaci”. Alla vigilia della Seconda Guerra mondiale e sulle soglie dei cinquant’anni, confesserà all’amico Oelze, l’unico che sia a conoscenza di quel suo risveglio poetico e che custodisce quei versi senza sapere se saranno mai pubblicati: “Farsi una ragione di questo epilogo, di questo sogno tardivo e solitario, nel chiuso della propria interiorità. Ecco la coscienza individuale. E adesso andrà a fondo. Ecco l’autunno, ma non ci spezza il cuore, ci si è spezzata la coscienza -e questo è molto di più”. visto..Non dimentichiamo i profughi afgani per colpa di Biden,,,di loro non se ne parla piu’. Si parla di disperazione ma anche del fatto che Biden in accordo con il presidente ucraino hanno pensato in nome di entrare nella Nato, una regione che ha come capitale Kiev che da secoli era la capitale del grande Impero russo. Il freddo attenaglia ;soldati, volontari e civili. Missili e artriglieria continuano a colpire. La capitale e’ accerchiata.
Rimbalzano le colpe di chi ha fatto andare in fumo un reattore della piu’ grande del mondo…la paura e’ il nucleare. Già i russi hanno conquistato anche la zona di Chernobyl dove era saltata la centrale sterminando sia gli abitanti in loco sia quelli al confine. Il vento porto’ le scorie radioattive anche nel nord Italia, mia sorella fu vittima di questo errore di male manutenzione della centrale e mori dopo quattro anni di tumore, una lotta lunga ed estenuante. Odessa sta per essere presa d’assalto cosi’ bella…Karkihv, la seconda città della Ucraina la stanno radendo al suolo. Anche i Paesi Baltici si sentono minacciati dalla Russia. La maggior parte delle repubbliche baltiche. Lituania, Estonia, Lettonia…Alle 11 mila finiti in manette si aggiungono 4 mila di oggi per avere protestato a Mosca e a San Pietroburgo. Molti attivisti fanno video di nascosto. Anche in Siberia si urla Pace Pace Pace!…Anche il Patriarca Kiril lavora per il cessate il fuoco. Ankara e Berlino ritentano la mediazione.
L’ONU non si sente. Sarebbe il piu’ indicato a tentare negoziati. Lungo il confine della Polonia continua l’esodo dei profughi …ma gli arsenali italiani vanno aigli ucraini o ai mercenari?, oltre alle truppe regolare Italiane anche 600 legionari, ma arrivano anche da Francia , Inghilterra…Anche il tennista Danili Mazvedev il grande tennista invoca la pace. Stop alle armi lo dice anche Papa Francesco e la Chiesa di Santa Sofia di Roma che da sempre riferimento di tutti gli ortodossi. Master Card e American Express non funzionano piu’ in Russia e per i russi fuori dalla Russia.
In neanche due mesi siamo arrivati a pagare 51 milioni di Euro. Le arti . Il David in Piazza della Signoria è stato coperto con un drappo nero e l’Angelo di Canova si trova a Leopoli…solo mesi fa era esposto a Napoli. 28.000 PROFUGHI SOLO OGGI IN italia , molti altri in Europa. Anche al confina con la Romania si cerca di scappare.
Ma il conflitto richia di avvicinarsi sempre piu’ alla Polonia dove i centri d accoglienza sono pieni e si bloccano i treni. Il rischio è un conflitto che coinvolgerà l’Europa. L’America è lontana e la guerra e’ sulle nostre spalle e semmai ci guadagnera’ vendendondoci gas ma noi non abbiamo impianti per rendolo utilizzabile.
In Italia si abbattono gli animali, meno latte, formaggi, non c’è grano e mais per sfamarli. Queste materie prime è coltivato tutto in modo altamente energetico e costoso. Anche l’economia Russia è in crisi. Ma come si puo’ aggirare l’ostacolo del mais e del grano. Anche negli Stati Uniti i fertilizzanti sono alle stelle. Gli apparati produttivi si pensava di farli produrre in Paesi lontani a costo piu’ calmierato e senza lavorarli in Italia. Sbagliando. Questo è l’effetto della blogabilizzazione. L’abbiamo gia provato con la Cina produttore di tutto e di tutti i prodotti per ospedali, mascherine, respiratori, farmaci che poi li troviamo sulla scatola con il nome Menarini o Bracco…LA GLOBALIZZAZIONE HA ROVINATO IL MONDO:
Instagram, facebook,…Putin li ha banditi come le reti internet, ma questi li accusa per le notizie che via web contro i genocidi e le repressioni a manifestare oppure contro i giornaiisti a cui a tolto il lavoro. C’è il rischio che la Bielorussia pagherà per la sua posizione di difesa: Kiev accerchiata, colpita in tutta la perferia e le le truppe russe stanno entrando nella capitale dell’Ucraina. Cade anche la terza città del Paese. INglesi, spagnoli, italiani , tedeschi ecc. mandano ai confini dell’Ucraini sempre piu’ soldati e mezzzi da fornire. Il pericolo è la chiamata di eserciti mercenari siriani già combattenti nell’Isis…Da questa guerra partirànno tante guerre civili nei Paesi limitrofi e lo scopo è anche che cio’ avvenga anche in Europa. Il sogno di cinesi e Russi. L’allargamento del conflitto è possibile. Presa interamente Odessa, Mari….”la guerra è fatta di persone che non si conoscono e si uccidono per persone che si conoscono ma non si uccidono”, una frase di Pablo Neruda.. Al vertice di Versailles si è parlato di solidarieta’. Putin ha definito “volontari” africani, siriani, agguerriti e spietati. Ma il rublo continua a scendere. A Versailles , Draghi ha detto:”Putin non vule la pace, il piano sembra essere un altro”….Dominuzione dell’export, i mercati sono agitati. L’appello dell’ex attore, il presidente uscraino che che Putin ci ha trascinato in questa tragedia, sarà lui, Putin e Biden ad avere orchestrato questo orrore.
Le diplomazie curavano un tempio piu’ il dettaglio. Ora non c’è il senso di un avvenimento che possa assomiliare a un progresso. L’ultoma austerity fu nel 1973/74, ma gas ed energia servono alle aziende, alal prodiuxione, alle aziende oltre alle famiglie. Benzina e gasolio …volano i prezi e le loro accise, ma questo non c entra con la guerra. Tuttu i prezzi nel settore alimentare aumentano…Torna a salire anche il covid. Obbligo certificato verde anche all’esterne. Ora arrivano le sotto varianti. Basta violenza contro i medici , infermieri e sanitari ovunque. Basta!!