SALVATORE MAMMOLITI E INCONTRI CON LA PITTURA E LA CUCINA DI CARLO CRACCO ALLA PONTE ROSSO. UN MODO PER AFFIANCARE IL TEMA DI EXPO
Da Vellani Marchi, modenese, classe 1895 che aveva studiato all’Accademia di Belle Arti, divenuto persino scenografo per il Teatro alla Scala e inviato per Il Corriere della Sera dopo negli anni Venti essere arrivato a Milano dopo la Biennale di Venezia fa un sodalizio con Riccardo Bacchelli e Orio Vergani, fondatori de “Il Cenacolo Baguttiano” enta come redattore della “Fiera Letteraria”e collabora con la rivista “L’Illustrazione Italiana”. In Africa con l’amico Vergani per Il Corriere fa importanti reportage per ben sei intensi anni, Muore a Milano nel 1979. Ma veniamo al 23 aprile quando alla Ponte Rosso Salvatore Mammoliti, presenta opere travestiti di qualche cosa d’altro…La mostra è corredata da un catalogo della GAM con testi di Flaminio Gualdoni e Carlo Cracco, noto Chef e presidente di Associazione Maestro Martino. Le gustose opere saranno esposte fino al 17 maggio accompagnando l’Expo con un tema insolito, il legame tra arte e natura, quindi cibo, quindi “Nutrore il pianeta”…Travestire la pittura da fotografia può essere una forma di abdicazione definitiva, estetica e dunque anche etica. Un’intera identità disciplinare e di senso, trasloca “nella deriva del visibile nullificato”. Oppure la “Mise in abime” di ogni vincolo di pertinenza del pittorico al dovere del soggetto, di qualsiasi ragione esso sia portatore. Mommoliti fa parte della generazione che si è posta la questione di figurare il pittorico quando ogni polemica si era spenta, ha scelto non solo di riportare la questione al centro della scena, dove l’idea di “fotografico” va interpretata. La tenuta delle ragioni del pittorico sostenuta anche in parte dall’artista. Il tutto in relazione con la convenzione di oggettività della fotografia dall’autonomia linguistica…. Nel catalogo Gualdoni approfondisce il tema. Mentre Carlo Cracco sostiene: “La Natura interpretata. Un pittore e un cuoco hanno molto in comune . Il primo fra tutti è la capacità di creare e inventare, ma anche di interpretare. attribuendo un significato nuovo a cose comuni che vengono riproposte in modo simbolico. L’artista ha un privilegio. Quello di creare opere non scalfibili dal tempo. Il cuoco, al contrario, gode dell’ebbrezza dell’ attimo, benchè le sue creazioni attivino più sensi e stimolino più ricordi e vissuti lontani. (qui io avrei qualche cosa da ridire). A differenza di altri artisti l’opera di salvatore Mammoliti è paragonabile al lavoro di un grande cuoco. Le sue nature morte sanno interpretare il cibo con la maestria di uno chef che sorprende i suoi ospiti con forme, profumi e sapori unici. Il bianco che le circonda è il piatto che le circonda, con cui queste nuove forme raccontano una storia, con l’obiettivo di fare vivere un’esperienza nuova”. Cuochi paragonati ad artisti, artisti paragonati a cuochi. La manualità e l’artigianato si riprendono la rivincita ma solo parzialmente. Si perchè si tratta solo di eccellenza mentre mancano scuole e laboratori di arti e mestieri. I servizi per i cittadini spariscono e i nostri giovani non vanno più a bottega come faceva un ebanista, un idraulico, un elettricista o uno scultore come Michelangelo. I giovani sognano la cucina e si fanno maltrattare…guardano “Master Chef” e altre trasmissioni analoghe mentre la vera cultura lascia il posto a “favole” belle ma pur sempre favole. Una moda consumata da pochi in ristoranti da super-ricchi mentre fuori la crisi incombe. Salvatore Mommoliti sognava in un altro modo. Dalla sua Calabria dove si è diplomato, si è trasferito a Brescia (Ghedi) e inizia ad esporre nel 1989. Vince nel 1996 alla Ponte Rosso di Brera il Premio Della Zorza.