TEATRO DELL’ELFO “WEEK END” E “ALICE UNDERGROUND” DAL 13 AL 18 DICEMBRE
Un fine settimana da sogno e divertimento al Teatro dell’Elfo Puccini a partire con “Week end” di Annibale Ruccello con la regia di Luca de Bei e con Margherita Di Rauso, Giulio Forges Davanzati, Lorenzo Grilli. Le scene sono di Fancesco Ghisu e i costumi di Lucia Mariani. Disegno luci Marco Laudando mentre la produzione Ma.Di.Ra.
Ma ripercorriamo la storia di questa scrittura teatrale. Week end, scritto nel 1983, è l’ultimo testo della trilogia (assieme a Notturno di donna con ospiti e Le cinque rose di Jennifer) che Annibale Ruccello definiva teatro da camera. È, come in altri suoi testi, ancora la storia di una solitudine, di uno spaesamento, di uno sradicamento culturale che si trasforma nel corso della vicenda in un’alienazione che ha dunque radici nel sociale oltre che nel privato.
“Week end” da molti è considerato il testo più perfetto e più profondo del drammaturgo campano anche se, curiosamente, è una delle sue opere meno frequentate (se ne ricorda soprattutto e quasi esclusivamente l’edizione diretta da Ruccello stesso nell’86 e interpretata da Barbara Valmorin e un’altra sempre con la Valmorin diretta da Daniele Segre nel ‘95). Storia che vive di un affascinante miscuglio di quotidianità, di rimembranze, e di pulsioni inconsce, Week end ci racconta il fine settimana di Ida, un’insegnante quarantenne afflitta da un handicap fisico (una malformazione al piede che la fa zoppicare). Ed ecco la storia…Il tutto si ambienta nel Meridione. La donna abita in una periferia romana ma è originaria di un piccolo paese del napoletano di cui si sente irrimediabilmente orfana. Il sud da cui proviene però, sebbene in qualche modo agognato nel ricordo, è un sud a sua volta infelice e mai riscattato, seppur di sapore antico, quasi mitologico.
In queste due grigie giornate in cui è compreso l’arco narrativo del testo, ida impartisce ripetizioni a un goffo studentello, accoglie in casa un giovane idraulico e vive, o crede di vivere, con entrambi gli uomini esperienze sessuali liberatorie ed estreme, con rito sacrificatorio finale. È una storia al tempo stesso di verità e di rappresentazione che riesce a raggiungere lo spettatore proprio in virtù delle emozioni che mette in gioco e della tecnica drammaturgica costantemente in bilico tra realtà e sogno. Lo spettacolo termina il 18 gennaio 2017.
Passiamo al secondo spettacolo dell’Elfo-Puccini, “Alice Underground” da Lewis Carroll. Lo spettacolo è scritto, diretto e illustrato da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con Elena Russo Arman, Ida Marinelli, Matteo De Mojana, Umberto Petranca e le luci sono di Nando Frigerio. Il suono e la programmazione video Giuseppe Marzoli, mentre la direzione e l’arrangiamento delle canzoni sono di Matteo De Mojana. La produzione Teatro dell’Elfo.
Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Al di là dello specchio sono state rivisitate da generazioni di artisti, filosofi, poeti, registi, ma da questi testi continuano ad emergere una moltitudine – o piuttosto una “moltezza”, una “muchness” come dice il Cappellaio Matto – di possibili interpretazioni. I ragazzini ne sono sempre andati matti, non c’è una generazione che non conosca questa storia. Ne è stato tratto anche più di un film. Ferdinando Bruni e Francesco Frongia ne sono stati catturati e hanno ripercorso le suggestioni del testo e la sua realtà ‘insensata’, sospesa e sovvertita: Alice Underground, andato in scena per la prima volta nel dicembre 2012, ha sorpreso per le invenzioni sceniche, sospese tra tecnologia dei video e arte del disegno.
Di che cosa si narra? «Una lanterna magica. D’acquarelli ed effetti (non) speciali. Sorta di cartoon teatrale, dove trecento disegni originali vengono proiettati su una struttura bianca, mondo di magia a prender vita interagendo con gli attori in carne e ossa. E si rimane a bocca aperta. Come bambini. Alice Underground colpisce per la capacità di creare meraviglia. La precisione dei dettagli. Ma in realtà, al di là dei (notevoli) risultati artistici, è la totalità del progetto che sorprende. La passione che traspare nel concretizzare un’idea vagamente folle, di chi decide di portare in scena Lewis Carroll rendendolo un gioiello di talenti e maestranze, inter generazionale per gusto, leggibile da qualsiasi tipo di pubblico. E se si pensa ai recenti Angels in America, The History Boys o Rosso, risulta evidente l’attenzione dell’Elfo a testi e ispirazioni le più diverse, declinando il tutto attraverso una compagnia stabile che profuma d’altri paesi. E in un teatro che sa davvero parlare alle persone. Con qualità. Ovvero rispettandole. Sensibilità non così scontata sui palcoscenici italiani. Per un ruolo di stampo quasi sociale, su cui troppe istituzioni sorvolano. (…).Persino il Parco Disney di Parigi o di altre città hanno creato il famoso labirinto….