THE INSULT…UN TRIONFO ANCHE IN NOME DI CONRAD ALLA 74a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

THE INSULTinsult-venezia-1000x600In conferenza stampa mi sono quasi commosa davanti a tutto lo staff di questo film impegnatissimo ma dai messaggi chiari. “Le parole cambiano tutto..” Vero!. Lo fa notare anche l’avvocato alla fine del film. Un film che segna il conflitto insito nell’uomo, nelle sue forme di credo, di sentimenti…di razza. Il simpatico Doueri con la bella attrice Hayek e altri del cast hanno ironizzato ciò che è stato un lavoro esemplare. Modesti come nella conferenza stampa precedente nella stessa sala è stato l’attore Away del film sfortunato First Reformed. Veniamo alla bella pellicola. Comincia tutto come un litigio banale, una grondaia che perde, un atteggiamento sprezzante, una parola di troppo, delle scuse che non arrivano. Il passo successivo sono due costole rotte e infine il tribunale. L’aggredito si accontenterebbe ancora delle scuse dell’aggressore, che accetta invece di riconoscersi colpevole, ma a scusarsi non ci pensa proprio…Il problema è che siamo a Beirut, il “violento”, Yasser, è un palestinese, il “non violento”, si fa per dire, Toni, è un libanese cristiano e dietro entrambi ci sono risentimenti antichi, quelli che trasformarono il Libano in una polveriera, l’Olp, i campi profughi e la guerriglia, poi Israele, Sabra e Chatila, i massacri, le milizie druse e quelle maronite, la guerra civile. Nessuno, insomma, è disposto a dimenticare e il processo diviene così un fatto politico, che i giornali sfruttano e le opposte tifoserie ideologiche usano come un punching ball: non interessano le ragioni della controparte, ciò che conta è che venga riconosciuta la propria, se è possibile calpestando e umiliando l’altra.

The Insult, di Ziad Doueiri, ieri in concorso, non è solo un film molto bello, splendidamente recitato, teso e avvincente nella sua costruzione: è anche, e soprattutto, una lezione di geopolitica, il racconto dell’eterna questione medio-orientale, i disastri della politica e quelli della guerra, gli odi religiosi e la difficile convivenza fra etnie diverse, un popolo, quello palestinese, senza patria, e una patria, quella libanese, fragile e sempre a rischio di distruzione. “Il Libano – dice Doueiri- è una società esplosiva, nel bene come nel male”.

A suo modo, la scelta di porre la questione in termini legali è un passo avanti: trent’anni prima, e anche meno, ciascuno si sarebbe fatto giustizia da solo, in modo tanto spiccio quanto brutale. E tuttavia, il tribunale per il palestinese, che pure è un uomo colto, un ingegnere che l’esilio ha retrocesso a capomastro, è nient’altro che un simulacro: forse fosse per lui rinuncerebbe a difendersi, perché sa di aver torto, pur se dentro di se sente di aver ragione. Quanto al libanese-cristiano, vorrebbe che fosse riconosciuto il suo diritto di non essere aggredito nel suo Paese, perché fino a prova contraria quello è il Libano e i profughi son tali adesso, ma quando era bambino erano un esercito combattente che distrusse il villaggio dov’era nato, gli rubarono l’infanzia e l’agiatezza. Era il figlio di un produttore agricolo, ora fa il meccanico…

Ma anche il tribunale non è di per sé un luogo asettico. L’avvocato difensore dell’aggredito è una vecchia volpe nazionalista, quello che difende l’aggressore è sua figlia, che però la pensa in modo diametralmente opposto: sono i palestinesi i più deboli, quelli che nessuno vuole e tutti vorrebbero dimenticar, quelli condannati a pagare in eterno. Così il film si muove su più piani e ciò che alla fine emerge è che la convivenza ha le sue ragioni che la ragione giuridica non conosce. I due irreducibili duellanti hanno bisogno del reciproco rispetto per poter mettere da parte ciò che è accaduto e questo è un qualcosa che un tribunale non può sancire: ha a che fare con la coscienza, l’orgoglio, l’ammissione privata delle proprie debolezze.

Con un cast straordinario di comprimari, The Insult si candida come un film difficilmente dimenticabile, fa capire le psicologie e l’aggrovigliato e complesso meccanismo che le modella e le rende spesso infiammabili, eternamente in bilico, fra dignità e sopraffazione. Diretto da Ridley Scott, il fil del 1977 “I duelleanti” ha tanto in comune come si è detto con questo straordinario film realista. Un omaggio alla vita, al pudore, al coraggio, alla forza e alle unioni irruducibili costi quello che costi.


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