UN REGISTA AMANTE DELLA MUSICA HA VOLUTO RACCONTARE CON LA UNA PELLICOLA LA STORIA DEL GENIO DI LEONARD BERSTEIN, UNO DEI PIU’ GRANDI DIRETTORI D’ORCHESTRA DEL MONDO

Un film che ne vale la pena vederlo oma con il limite che la genialità non si ouo’ registrare..sono le note e la fantasia di un arrtista a fare di lui un pou sider….Maestro, di e con Bradley Cooper come interprete principale, ieri in concorso, è un’onesta biografia cinematografica sulla figura istrionica quanto musicalmente importante di Leonard Bernstein, direttore d’orchestra nonché compositore, basti ricordare West Side Story, insegnante e divulgatore d’eccezione, ma altresì uomo affamato di vita e di notorietà, omosessuale senza complessi e però marito e padre senza infingimenti, vitalista ma con forti elementi di depressione da tenere sotto controllo, ora combattuti con anfetamine d’ogni tipo, ora con un eccesso di alcol, di sesso, di lavoro…Cooper ha scelto come motivo conduttore del film il rapporto speciale che legò Leonard alla moglie, Felicia Montealegre Cohn, un’attrice di teatro e poi soprattutto di televisione, di origine cilena, un rapporto di complicità, se si vuole, e insieme di ammirazione, ovvero la consapevolezza che, artisticamente parlando, il genio della famiglia fosse lui e lei soltanto un’ attrice di talento, un genio quindi da proteggere, dagli altri e forse e soprattutto da sé stesso…Con i suoi alti e bassi il matrimonio funzionò fino a quando la paura di invecchiare spinse Bernstein a premere sempre più l’acceleratore del giovanilismo e dell’egocentrismo, il tutto riassunto dalla moglie, al momento di lasciarlo, in una delle frasi più feroci del film: “Ami solo te stesso, finirai per vivere da solo, come una vecchia checca”…Il matrimonio in seguito si ricompose, e sarà solo la morte di Felicia per un tumore a mettervi la parola fine.
In Maestro la parte del leone la fa ovviamente la musica, e non essendo esperti in materia ci limitiamo a sottolinearlo. Una volta però che questo eccentrico quanto singolare rapporto di coppia è sviscerato lungo l’intera, quanto eccessiva, durate del film, due ore, la domanda che resta senza risposta è chi fosse realmente Leonard Bernstein, non solo musicalmente parlando, ma anche umanamente. Sul primo punto, il film dice infatti poco o niente: non c’è infanzia, né inclinazioni, né passioni…Sul secondo, al di là di qualche cocktail, di qualche blando arrembaggio omosessuale e di moltissime sigarette fumate in ogni dove, non c’è traccia. E’ assente persino quello che fu un must degli anni Settanta newyorkesi, ovvero il party dato nel suo attico di Psrk Avenue che aveva le “pantere nere” come ospiti di riguardo, party reso celebre dagli articoli, poi divenuti parte di un libro, Radical chic, di Tom Wolfe…E’ un peccato, perché in quella curiosa simpatia fra un pilastro dell’establishment culturale americano, acclamato e riverito come tale, e i membri di un’organizzazione che a quell’establishment avrebbe dato volentieri fuoco, c’è argomento non solo per un film o per un libro, ma per un trattato di sociologia…A livello più o meno inconscio, le ansie e le frustrazioni tipiche di un figlio di immigrati, ebreo per giunta (sulla stampa internazionale c’è chi si è scandalizzato per il nasone posticcio inalberato da Cooper per rassomigliare di più al Bernstein originale, segno ormai che la prevalenza del cretino è divenuta totale), che lo avevano accompagnato dalla prima giovinezza, quando in famiglia gli veniva persino consigliato di cambiarsi il cognome se davvero voleva essere accettato nel mondo wasp che della musica classica e della Carnegie Hall faceva il proprio fiore all’occhiello…Ed è probabile che i suoi eccessi, persino nel vestire, sgargiante quanto leccato, fossero una sorta di rivincita, una sorta di my way, di vita a modo mio, rispetto alla sobrietà più o meno controllata e alla grettezza più o meno nascosta, dell’upper class americana.
Sembra che in origine il progetto di portare sullo schermo la vita di Bernstein fosse di Steven Spielberg e viene da chiedersi che tipo di film il regista di E.T. avrebbe potuto fare. Perché anche Bernstein, per molti versi era un alieno, cosa che Bradley Cooper non sembra aver compreso.


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