VERSO I 90 ANNI DELLA MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI VENEZIA -BIENNALE LIDO . LEONE ORA ALLA CARRIERA E’ STATAO DATO A CATHERINE DENEUVE. OMAGGIO A STANLEY KUBRICK

Dall’Archivio della Biennale: “Un giovane di 23 anni che si chiama Stanley Kubrick” /

Il primo film di Stanley Kubrick, Fear and Desire, venne proiettato in anteprima alla Mostra di Venezia del 1952 con il titolo Shape of Fear /

Ricostruita per la prima volta la vicenda attraverso lettere e documenti dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale. Fear and Desire (Paura e desiderio), il primo lungometraggio diretto da Stanley Kubrick, venne proiettato per la prima volta al pubblico in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia del 1952, diretta da Antonio Petrucci. La proiezione del film, intitolato all’epoca Shape of Fear, avvenne il 18 agosto 1952 al Palazzo del Cinema del Lido, alle 10 del mattino, nella sezione denominata Festival del film scientifico e del documentario d’arte.

La singolare vicenda è stata per la prima volta interamente ricostruita attraverso lettere e documenti dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale di Venezia. Ciò è avvenuto nell’ambito delle ricerche collegate alla pubblicazione del volume storico La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nuova opera del prof. Gian Piero Brunetta, frutto della collaborazione fra la Biennale e l’editore Marsilio. Il volume verrà presentato sabato 9 luglio a Venezia, alla Biblioteca dell’Archivio Storico (Giardini della Biennale), in occasione del convegno e della giornata dedicati alla celebrazione dei 90 anni della Mostra del Cinema.

Quando sottopone alla Mostra di Venezia il suo primo lungometraggio Shape of Fear (nel 1953 rinominato Fear and Desire), Stanley Kubrick ha 23 anni, anche se è già un fotografo affermato. Dal carteggio con il direttore della Mostra, Antonio Petrucci, emerge tutta la sua straordinaria personalità e l’autocoscienza delle proprie doti di regista. L’importanza della ricostruzione della vicenda – oltre ad attestare il rilievo dei documenti conservati all’ASAC per ulteriori ricerche, e a riempire un tassello non ancora definito della biografia artistica di Kubrick – sta proprio nell’individuare già nella gestione di questo suo primo film il genio di uno dei massimi maestri della storia del cinema.

Tutto nasce da una lettera del 15 luglio del 1952 inviata dal distributore newyorkese Joseph Burstyn – che all’epoca importava negli Stati Uniti cinema europeo di qualità – al direttore della Mostra Antonio Petrucci: “Caro dott. Petrucci, un anno fa, quando eravamo insieme a Roma, mi hai chiesto di tenerti informato se io vedessi o sentissi di qualche buon film indipendente originale. Bene, ne ho visto uno! Il titolo del film è Shape of Fear, realizzato da un giovane di 23 anni che si chiama Stanley Kubrick. A mio avviso è uno dei più bei film che ho visto negli ultimi anni, potrebbe suscitare grandi discussioni e potrebbe essere la grande sorpresa del tuo festival”.

Petrucci decide però, “per lunghezza e caratteristiche”, di non accogliere Shape of Fear (1 ora e 2 min.) nella selezione principale della Mostra (“big Festival competition”), come scrive lui stesso a Kubrick in un telegramma del 7 agosto 1952, e lo fa proiettare nella sezione denominata Festival del film scientifico e del documentario d’arte, in una data (il 18 agosto) antecedente al periodo di svolgimento della Mostra principale (20 agosto – 12 settembre). E’ per questo che la presenza del film non risulta dal catalogo della Mostra di quell’edizione.

Stanley Kubrick a sua volta scrive ad Antonio Petrucci un paio di lettere, la prima il 21 luglio in cui afferma che non è ancora terminata la postproduzione del film, e nel caso esso venga selezionato, si ripromette di mandare i titoli di testa completi in modo che basti semplicemente incollarli. Nella seconda lettera del 26 agosto, Kubrick scrive al direttore della Mostra: “Le sarei grato di sapere quale sia stata la ‘reazione‘ al mio film Shape of Fear. Poi, il fatto di cui mi ha informato, ovvero che ‘caratteristiche e lunghezza’ del film hanno impedito di farlo inserire della selezione principale, mi hanno lasciato molto nel dubbio su cosa esattamente lei abbia in mente. E poiché non ho più sentito più nulla di quell’ ’invito speciale in concorso’ di cui lei aveva parlato quando accettò il film, può ben capire lo stato di confusione in cui ora io mi trovo”.

Nel frattempo il Leone d’Oro alla Carriera e’ stato dato a Catherine Deneuve che avremo il piacere di vederla in persona ricevere il prestigioso Premio in Sala Grande questa fine estate al Lido.

 

Benché proiettato al di fuori della selezione principale, il primo film di Kubrick arricchisce l’elenco dei grandi maestri del cinema che nei decenni hanno debuttato al Lido di Venezia. Ma incrementa anche la qualità dell’edizione 1952 della Mostra, quando si festeggiava il ventennale della manifestazione e Petrucci intendeva farne un’edizione memorabile. Al concorso parteciparono 16 nazioni con 30 film di cui 13 in prima visione mondiale. Il vincitore dell’edizione fu Jeux interdits (Giochi proibiti) di René Clement (poi premio Oscar come miglior film straniero) premiato «per aver saputo elevare a singolare purezza lirica ed eccezionale forza espressiva l’innocenza infantile nella tragedia e nella desolazione della guerra», come disse la motivazione della giuria. Gli altri premi furono assegnati a Europa ’51 di Roberto Rossellini, The Quiet Man (Un uomo tranquillo) di John Ford e Saikaku Ichidai Onna (La vita di O-Haru donna galante) di Kenji Mizoguchi. Parteciparono inoltre Lo sceicco bianco di Federico Fellini e Summer Interlude (Un’estate d’amore) di Ingmar Bergman. La giuria, presieduta dal critico Mario Gromo, era ancora costituita da personalità italiane e comprendeva anche il poeta Giuseppe Ungaretti.

 

Quest’opera prima di Kubrick, scritta dal futuro Premio Pulitzer Howard Sackler, vale anche in quanto anticipatrice di quelle tematiche poi sviluppate dal regista in Orizzonti di gloria e Full Metal Jacket. Si tratta di un apologo sull’insensatezza della guerra, una guerra astratta, immaginaria, tra due nazioni volutamente non identificate. Quattro militari sopravvissuti all’abbattimento del loro aereo si ritrovano in territorio nemico. Sopraffatti dal panico, perdono la testa e innescano una serie di violenze insensate, compresa la cattura di una ragazza trovatasi sulla loro strada. Gli interpreti (Steve Coit, Frank Silvera e Virginia Leith) provenivano quasi tutti dal teatro, tranne il futuro regista Paul Mazursky, allora studente al college.

 

A montaggio finito, Kubrick aveva noleggiato una piccola sala a New York per le visioni in anteprima e per la distribuzione si era affidato proprio a Joseph Burstyn, che in città aveva fatto arrivare i maggiori capolavori del neorealismo italiano. Fu lui a scegliere il titolo definitivo (Fear and Desire) del film, che avrebbe dovuto intitolarsi The Trap (La trappola) prima di Shape of Fear (La forma della paura). Le altalenanti sorti del film vengono ben documentate da Richard Koszarski nel recente volume Keep ‘em in the East. Kazan, Kubrick and the Postwar New York Film Renaissance (Columbia University Press, 2021). Kubrick cercherà di toglierlo dalla circolazione, insoddisfatto dagli esiti commerciali e dagli attacchi della critica americana. In Italia il film arriva solo nel 1989 grazie a «Fuori orario» su Rai3 in copia deteriorata. Esce nel 2013 in sala e in DVD (Paura e desiderio, Raro Video, 68’, versione doppiata in italiano), nella versione restaurata in HD dalla Library of Congress di Washington.

 

La questione della presenza del primo film di Kubrick a Venezia è emersa nella recente monografia di James Fenwyck Stanley Kubrick Produces (Rutgers University Press, 2021) basata sui documenti conservati agli Stanley Kubrick Archives presso il London College of Communication. Si ringrazia Lorenzo Codelli.


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